Il quantitative easing e il modello a razionalita' limitata
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Il quantitative easing e il modello a razionalita' limitata

COSI' LA RICERCA MACROECONOMICA METTE IN DISCUSSIONE I PARADIGMI VIGENTI. E SUPERA LA PROPOSIZIONE DI IRRILEVANZA DI WALLACE

di Luigi Iovino, assistant professor presso il Dipartimento di economia

La maggior parte delle banche centrali dei paesi coinvolti dalla recente crisi finanziaria ha in un primo momento reagito alla profonda recessione con una politica monetaria convenzionale, ovvero riducendo il tasso di interesse e rendendo più facile ed economico prendere a prestito nella speranza di stimolare consumi ed investimenti. Tuttavia, esiste un limite alla politica monetaria convenzionale poiché nessuno presterebbe a un tasso di interesse negativo. L’eccezionale severità della recessione globale degli ultimi anni ha però costretto molte banche centrali a portare i tassi di interesse a zero. Di qui, dunque, la decisione di adottare politiche monetarie non convenzionali quali forward guidance e quantitative easing (Qe). Mentre la prima consiste nella promessa di mantenere il tasso di interesse basso per un periodo prolungato di tempo, la seconda si propone di corroborare il normale acquisto di titoli effettuato dalle banche centrali con l’aggiunta di strumenti finanziari lievemente più rischiosi.
Dal 2008 in poi, una parte consistente della comunità scientifica si è adoperata al fine di colmare le lacune della letteratura economica sugli effetti delle politiche non convenzionali. La ricerca empirica, per esempio, ha stimato come tali politiche riducano il premio al rischio richiesto dagli investitori e, di conseguenza, stimolino consumi e investimenti. La letteratura teorica, invece, si è concentrata sulla produzione di modelli volti a individuare e quantificare i meccanismi di funzionamento dei nuovi strumenti di politica monetaria. Di particolare interesse è l’analisi teorica del Qe poiché nei modelli macroeconomici classici, come quelli usati dalle principali banche centrali, le operazioni di Qe sono completamente irrilevanti. L’intuizione alla base di questo risultato (formalmente noto come «proposizione di irrilevanza di Wallace») è molto semplice: nell’acquistare titoli da famiglie e imprese, la banca centrale si fa carico del rischio legato ai ritorni futuri dei titoli, ma lo trasferisce nuovamente agli stessi tramite il sistema fiscale.

Il bilancio della banca centrale, infatti, è strettamente legato a quello del Tesoro poiché, per statuto, la prima cede al secondo i profitti o le perdite derivanti dalle operazioni di politica monetaria. Il Tesoro, a sua volta, fa quadrare il bilancio riducendo le tasse in caso di profitti e aumentandole in caso di perdite. Il rischio dei titoli acquistati dalla banca centrale viene perciò «rispedito al mittente» sotto forma di maggiori o minori tasse.
Sotto l’ipotesi di aspettative razionali, dunque, famiglie e imprese comprendono che il rischio dei titoli venduti alla banca centrale non è stato eliminato, ma semplicemente trasformato da finanziario a fiscale, e conseguentemente lasciano inalterati i loro piani di consumo e investimento. Questa ipotesi, tuttavia, richiede una comprensione del funzionamento del sistema economico (e una capacità di calcolo) tanto approfondita da sembrare poco verosimile. Difatti, anche in contesti molto più semplici, il comportamento degli individui è lontano da quello suggerito da modelli con aspettative razionali (si vedano, per esempio, gli innumerevoli esperimenti condotti nell’ambito dell’ultimatum game).

Un filone della letteratura macroeconomica ha perciò messo in discussione il paradigma vigente introducendo agenti con razionalità limitata. I risultati sono, sinora, positivi: questi nuovi modelli sono in grado di superare alcune conclusioni estreme o persino paradossali della precedente letteratura e di produrre previsioni più realistiche. Nella mia ricerca, per esempio, dimostro che in presenza di agenti con razionalità limitata la proposizione di irrilevanza di Wallace non è più applicabile e che, di conseguenza, il Qe risulta uno strumento efficace per stimolare l’economia. Nonostante sia prematuro assurgere la razionalità limitata a nuovo paradigma, l’evidenza empirica sembra suggerirne la validità.
 

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