Sanita' eccellente? Insegniamo ai bambini a mangiare
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Sanita' eccellente? Insegniamo ai bambini a mangiare

L'OBESITA' INFANTILE E' UN FENOMENO IN CRESCITA E RAPPRESENTA UNA DELLE DETERMINANTI CHE INFLUENZERANNO IN FUTURO ANCHE LE PERFORMANCE, OGGI POSITIVE, DEL SISTEMA SANITARIO E LA LONGEVITA' DEI CITTADINI. PER QUESTO SERVE INVESTIRE SULLA PREVENZIONE

di Giovanni Fattore, ordinario presso il Dipartimento di scienze politiche e sociali

L’ultimo rapporto di Bloomberg classifica il sistema sanitario italiano come il primo al mondo per rapporto tra risorse impiegate e livello di salute. Effettivamente gli italiani spendono meno per la sanità di gran parte dei paesi europei e hanno tra i più alti livelli di vita attesa (80 anni per gli uomini e 85 per le donne). Non è probabilmente facile trovare altri confronti internazionali dove l’Italia si presenta con indicatori così positivi. Tutto bene quindi? Non proprio.
È complesso valutare quanto diverse determinanti contribuiscono alla longevità. Ed è fondamentale tenere presente che la salute di una popolazione è solo in parte determinata dai servizi sanitari perché è influenzata da fattori comportamentali (gli stili di vita), sociali (per esempio l’inquinamento o la sicurezza sui luoghi di lavoro) e climatici. Occorre quindi una certa cautela nell’attribuire al nostro sistema sanitario i meriti della buona salute della popolazione.

Non è però solo una questione di determinanti sociali. Il rapporto tra interventi sanitari da un lato e indicatori di performance dall’altro non è temporalmente immediato. Sempre più si ritiene che sia l’intero «corso di vita» a determinare la fragilità e la suscettibilità alle malattie. In altre parole, gli ottimi indicatori di oggi potrebbero essere il frutto di situazioni favorevoli del passato, tra cui il buon funzionamento del sistema sanitario, e il futuro potrebbe essere diverso (e meno positivo) per l’operare di determinanti che hanno effetto principalmente nel lungo periodo.
Se quindi c’è uno sfasamento tra funzionamento del sistema sanitario ed effetti sulla salute è fondamentale cogliere eventuali segnali anticipatori di una crisi. È proprio per questo che è importante non trascurare i dati raccolti dal Ministero della salute sull’obesità infantile: mostrano una situazione molto preoccupante. Nell’ultima rilevazione di circa 50mila bambini è risultato che il 9,3% sono obesi e il 22,5% sono sovrappeso. Si tratta di livelli molto alti, che pongono l’Italia in penultima posizione, davanti solo alla Grecia. La stessa rilevazione ci offre anche un quadro di forte eterogeneità tra aree del paese. Nelle regioni del sud la prevalenza dell’obesità tra i bambini è pari al 15-18%, un valore più che doppio rispetto a quello delle regioni del nord. A livello regionale, la correlazione tra percentuale di famiglie in povertà e obesità infantile è fortissima. Per quanto possa apparire paradossale, l’obesità infantile è una condizione delle fasce più povere della popolazione.

Analisi più specifiche mostrano anche che obesità e sovrappeso tendono a trasferirsi da genitori a figli e che l’istruzione, e in generale il livello culturale, è un fattore determinante. Per esempio, i figli con madre laureata hanno una probabilità di essere obesi del 5%, quelli con madre con solo licenza media del 17%.
L’elevata prevalenza dell’obesità infantile, che è un fattore di rischio per condizioni future di salute sfavorevoli, e la forte correlazione con lo stato socio-economico sono un segnale molto chiaro delle difficoltà dell’Italia a mantenere i livelli di eccellenza del passato. E non è forse un caso che questi segnali vengano dalla salute dei bambini, dato lo sbilanciamento del nostro sistema di welfare verso gli anziani.

Se il sistema sanitario italiano vuole mantenere livelli di eccellenza nelle prossime decadi deve investire di più nella prevenzione e sulle giovani generazioni. I dati a disposizione sull’obesità e il sovrappeso infantile devono far riflettere di più sulla vulnerabilità dei più giovani, sulla necessità di strategie più forti per la prevenzione e sull’importanza di riconoscere le disuguaglianze socio-economiche come determinanti fondamentali dello stato di salute dell’intera popolazione.
 

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