In ricordo di Nedo Fiano
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In ricordo di Nedo Fiano

LA COMUNITA' BOCCONI, ATTRAVERSO LE PAROLE DEL SUO PRESIDENTE MARIO MONTI, RENDE OMAGGIO AL SUO ALUMNUS FUORI DALL'ORDINARIO

10248 è il suo numero di matricola come studente della Bocconi. Ma il codice che racconta la sua storia è A5405, quello con cui fu marchiato ad Auschwitz nel maggio 1944. Una storia che Nedo Fiano, scomparso sabato 19 dicembre all’età di 95 anni, non ha mai smesso di raccontare, da quando agli inizi degli anni 90 si convinse “che si debba parlare della Shoah, nella speranza di suscitare nelle giovani generazioni una reazione che impedisca la sua ripetizione”. E ancora amava dire che “mi sono sentito come un viaggiatore che sente di avere l’ultima possibilità di prendere un treno che, altrimenti, non passerà più”.

Laureato in lingue in Bocconi il 15 luglio 1968 (a 43 anni, per tenere fede a una promessa fatta alla madre morta ad Auschwitz), con una tesi sulla Letteratura della deportazione francese 1940-45, Nedo Fiano vi fece ritorno nel 2009 proprio in occasione di uno degli oltre 1000 incontri di cui è stato protagonista per impedire che gli orrori della Shoah venissero dimenticati.

In quell’occasione, parlando della memoria, Nedo Fiano disse: “Il ricordo è un riferimento, una guida al comportamento.” 

“In queste parole semplici”, ricorda oggi Mario Monti, presidente della Bocconi, “ritroviamo verità ancor più ampie e generalizzabili, ad esempio sul valore educativo della storia, sulla necessità di preservare la memoria e di vigilare sempre affinché il raccordo tra passato e futuro non venga artefatto da una sorta di “controllo della realtà” di orwelliana memoria”.

Nedo Fiano, alumnus Bocconi “fuori dall’ordinario” come lo ha definito Monti, nel raccontare il passato guardava però al presente, dicendo “Mi rendo solo conto che movimenti come quello nazista, quello sovietico o quello fascista, sorgono in momenti di grande crisi, quando la gente sente il bisogno del miracolo in terra, e temo che i nostri tempi condividano questa caratteristica con la Germania di Weimar o l’Italia degli anni ‘20”.
 

di Barbara Orlando

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