OPINIONI |

Fenomenologia dello scandalo

SEI INDIZI FANNO UNA PROVA. COME RICONOSCERE LE AZIENDE A RISCHIO

di Alessandro Zattoni, professore straordinario all'Universita' Parthenope di Napoli e direttore dell'Area strategia e imprenditorialita' della Sda Bocconi

Quando uno scandalo societario colpisce una grande impresa, l’opinione pubblica accusa il modello di corporate governance e invoca interventi legislativi che rafforzino i controlli ex ante e aumentino le sanzioni ex post. Tuttavia, passano pochi anni e nuove società crollano per una crisi finanziaria inaspettata. I comportamenti illeciti sembrano sfuggire a ogni forma di controllo e di sanzione, anche perché si manifestano in forme sempre più sofisticate. Inoltre, non è possibile aumentare troppo i controlli societari se non si vogliono soffocare gli animal spirit che spingono le imprese verso lo sviluppo.

È quindi impossibile evitare tali eventi? No. L’analisi degli scandali societari evidenzia alcuni loro tratti tipici, la cui presenza dovrebbe incoraggiare un’attenta supervisione da parte degli organi di controllo.

Primo, la rapida crescita aziendale mediante operazioni di acquisizione. Esse si rivelano talvolta disastrose per i bilanci, anche se occorrono anni perché tali effetti siano evidenti agli investitori. Inoltre, la corsa alla crescita dimensionale può distogliere il management dall’attività operativa e dal core business. Infine, le acquisizioni rendono (per esempio con l’iscrizione di avviamenti fittizi) il bilancio aziendale poco chiaro e confrontabile con il passato.
 
Secondo, la pesante relazione con il mercato finanziario. Tali imprese utilizzano spesso la leva finanziaria per alimentare la crescita aziendale e hanno per brevi periodi performance azionarie strabilianti. I giudizi entusiasti degli analisti e l’alone di prestigio dei vertici spingono gli investitori a sostenere il titolo e gli organi di governance ad allentare il controllo.
 
Terzo, l’elevato potere dei vertici aziendali. Tali imprese sono solitamente gestite da azionisti di controllo o top manager che dominano il processo decisionale aziendale, si circondano di collaboratori fedeli, gestiscono personalmente la relazione con i principali stakeholder, identificano il loro destino con quello aziendale, ricevono ricche ricompense. Sono attenti alla reputazione aziendale e personale presso il mercato finanziario e la collettività perché essa può alimentare la crescita dell’impresa. Solo ex post si comprendono gli effetti nefasti della loro ambizione.
 
Quarto, la scarsa indipendenza o competenza degli organi di controllo. Le imprese quotate sono sottoposte a una molteplicità di controlli che dovrebbero impedire comportamenti illeciti. I casi di dissesto mostrano invece intrecci d’interessi che spingono i controllori a non lavorare efficacemente. Inoltre, non sempre tali organi sono composti da persone che comprendono le sempre più sofisticate operazioni create dai vertici aziendali per manipolare i dati contabili. Infine, questi organi svolgono attività interdipendenti: il loro corretto funzionamento richiede collaborazione e fiducia reciproca. La presenza di un anello debole e l’eccesso di fiducia verso il top management possono determinare il fallimento dell’intero sistema.
 
Quinto, una cultura aziendale fondata sull’avidità e su un forte orientamento alla speculazione. Non si deve però pensare che tutte le persone coinvolte negli scandali societari siano destinate a compiere illeciti. Tali comportamenti possono essere attuati con l’idea di tutelare l’azienda in un momento di difficoltà con la speranza che i risultati aziendali possano migliorare col tempo. Tuttavia, una volta superata la linea della legalità non è facile tornare indietro.
 
Ultima caratteristica è la pressione sui risultati aziendali in un contesto competitivo ed economico difficile. In tali circostanze i vertici aziendali possono essere tentati di percorrere tutte le vie, anche illecite, per mantenere elevata la performance e la reputazione aziendale. Tuttavia, la prolungata caduta dei mercati e dell’economia rende sempre più vane le soluzioni temporanee per scongiurare il manifestarsi della crisi. Alla fine proprio i mercati finanziari, che a lungo avevano sostenuto l’impresa, facilitano l’emersione della crisi e la risolvono con esiti devastanti per tutti gli stakeholder.

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