La formazione inclusiva e di qualita' e' il prodotto di una comunita'
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La formazione inclusiva e di qualita' e' il prodotto di una comunita'

OBIETTIVO DI UN'UNIVERSITA' E' SVILUPPARE UN SAPERE CHE RENDA IL MONDO MIGLIORE PER TUTTI E TRASFERIRE QUESTO SAPERE IN PROGRAMMI DIDATTICI COINVOLGENTI E SEMPRE ALL'AVANGUARDIA. PER FARLO, E' FONDAMENTALE FARE LEVA ANCHE SUL SOSTEGNO DI INDIVIDUI E IMPRESE, AFFINCHE' IL 36 MILIONI DI EURO INVESTITI IN AGEVOLAZIONI PER 3.700 STUDENTI POSSANO DIVENTARE ANCORA DI PIU', SPIEGA IL DEAN OF FUNDRAISING AND ALUMNI ENGAGEMENT DELLA BOCCONI, BRUNO BUSACCA

“Finanziamenti per l’università? Non mi dica che ne avete bisogno anche voi in Bocconi…”. Bruno Busacca, Dean of Fundraising and Alumni Engagement, non saprebbe più nemmeno dire quante volte gli è stata rivolta questa obiezione. Da esperto studioso e docente di marketing quale è, però, ha trasformato lo scetticismo degli interlocutori in una leva alla quale appoggiarsi per smuovere anche la sensibilità dei più riottosi. “A dirla tutta, è quasi preferibile quando una persona si pone così”, commenta il professore, che, prima di ricoprire il ruolo attuale, in Bocconi è stato anche studente, ricercatore, direttore di corso di laurea, docente e Dean di SDA Bocconi School of Management. “In questo modo, infatti, mi offre l’occasione di chiarire qual è il vero obiettivo di un’università, il brand purpose si direbbe, ovvero quello di sviluppare un sapere che renda il mondo migliore per tutti e trasferire questo sapere in programmi didattici coinvolgenti e sempre all’avanguardia. Avere un’educazione inclusiva, di qualità, che integri la conoscenza con l’esperienza, che aiuti a crescere le persone, le aziende ma anche il sistema economico e sociale in tutte le sue espressioni, è una priorità per tutte le età, le classi sociali, a tutte le latitudini. In Bocconi nel 2020 abbiamo investito 36 milioni di euro in un articolato sistema di agevolazioni, basato sia sul merito che sul bisogno. Ben 3.700 studenti hanno beneficiato di un sostegno, ma non riesco a non pensare che dobbiamo fare di più. Se questi 36 milioni fossero il doppio, quanti giovani talenti potremmo formare per affrontare le grandi sfide del nostro tempo, dalla crescita sostenibile alla riduzione delle diseguaglianze, dalla tutela della salute e dell’ambiente alla valorizzazione delle diversità e dell’inclusione?

A proposito di brand purpose: lei che ne studia le dinamiche nelle aziende, come si declina questo tema in un’università?
Quello del brand purpose è un tema ampio e che ovviamente risente della diversità dei contesti. In generale, significa definire le ragioni profonde per cui un’organizzazione esiste, al di là della tradizionale missione, intendo. La risposta risiede quindi nell'intersezione tra lo scopo ultimo di un’organizzazione, definita dai suoi valori e dalle sue competenze chiave, la dimensione etica e il valore sociale generabile. Quando si raggiunge questo incrocio perfetto, il rapporto con il consumatore non è più transazionale, ma diventa una vera relazione, fondata appunto su uno scopo comune, con tutte le conseguenze che si possono immaginare in termini di fiducia e di lealtà. Per un’azienda questo è un obiettivo ambizioso da raggiungere, ma non di meno lo è per un’università. Da tempo abbiamo posto questi concetti al centro dell’attenzione della nostra comunità, costruendo su un capitale relazionale solido e in continua crescita. Si pensi, per esempio, a quanto in Bocconi sia forte la tradizione di passaggio di testimone tra generazioni...
 
Nella sua esperienza, il legame tra i laureati e la propria università è meno forte in Italia che altrove?
Quando si vive l’esperienza di studente pienamente “on campus” il legame che si crea con l’ambiente universitario è più forte e identificativo. E questo in molti paesi, su tutti gli Usa, costituisce la normalità. Da noi lo è un po’ meno, ma anche qui gli alunni più affezionati sono quelli che hanno vissuto l’università come una seconda casa perché lontani magari dalla propria; ancora di più se hanno alloggiato nelle residenze universitarie. Quelli della mia generazione sono tra i più generosi e molti hanno intitolato una stanza del mitico pensionato di via Bocconi… Col nuovo campus ora nutro grandi aspettative in questo senso per la raccolta fondi. In generale l’Italia è un paese generoso, nel quale la cultura della filantropia è piuttosto sviluppata. È fondamentale fare leva su questa generosità per promuovere il sostegno all’educazione e alla ricerca di qualità, chiarendone l’impatto sullo sviluppo e sulla mobilità sociale. Non a caso a livello internazionale l’education è tra i primi destinatari nelle scelte filantropiche degli individui ad alto reddito e questo è un dato rassicurante.

Nel piano strategico c’è l’indicazione di riequilibrare la raccolta di finanziamenti, oggi un po’ sbilanciata sulle aziende, aumentando l’engagement presso i privati. Come si sta muovendo verso questo obiettivo?
Il primo passaggio è creare un engagement forte, cominciando dagli studenti quando ancora sono nel campus per poi seguirli in tutto il loro percorso di crescita professionale. In Bocconi un grande passo in avanti venne fatto riunificando tutte le associazioni di alunni. Con l’ultima riforma, nel 2018, è nata la Bocconi Alumni Community che, per la prima volta, ha abolito il versamento della quota di iscrizione. Non ci sembrava più un concetto adeguato ai tempi: si è bocconiani se si è studiato qui, non serve pagare una fee associativa per fare parte della nostra comunità. Questo cambiamento ha dato i suoi frutti, perché in tre anni gli aderenti alla community sono più che triplicati e oggi sono oltre 30mila. Le iniziative organizzate per loro seguono vari filoni: il Long Life Learning, in stretto coordinamento con SDA Bocconi e con il coinvolgimento attivo di diversi topic leader; il Career advice, ovvero le iniziative a supporto delle carriere professionali; la classiche Réunion per classi, per leve o per corsi, alle quali spesso si accompagnano raccolte fondi organizzate ad hoc. Per costruire un clima di engagement, cerchiamo di favorire una relazione biunivoca tra le persone e l’università, nella quale ognuno dà e riceve. Con i nostri alumni facciamo leva sulle tre “T”, proponendo loro di mettere a disposizione il proprio Talento, diventando ad esempio mentori e tutor di qualche studente, il proprio Tempo, accogliendo nelle aziende studenti e ricercatori o portando la propria esperienza nei corsi master ed executive, e naturalmente il proprio Treasure, ovvero fornendo un sostegno tangibile alle diverse cause.

Quali sono le iniziative che fanno più breccia tra le aziende invece?
Il tema a cui sono più sensibili aziende e fondazioni è quello di poter legare il proprio nome allo sviluppo di conoscenza e capitale umano per dare un contributo di progresso a tutto il mondo. Per questo in Bocconi offriamo la possibilità di dare vita a cattedre e a progetti pluriennali di ricerca sostenuti da un donatore. Abbiamo oggi venti cattedre intitolate ed il numero di laboratori di ricerca che possono contare su contributi filantropici per approfondire temi centrali per l’economia e la società continua a crescere. Esistono poi altre forme di aiuto, tra cui la possibilità di migliorare la vita della comunità bocconiana favorendo la qualità e la sostenibilità di ambienti e attrezzature, un’opzione che può tradursi nell’intitolazione di un’aula o di altri spazi. E poi ci sono le scholarship, le borse di studio, che ci aiutano a sostenere e a diffondere il valore dell'education come ascensore sociale e a promuovere nuovi bachelor o master of science, su tematiche innovative come la cybersecurity e l’intelligenza artificiale.  A proposito di borse di studio vorrei ricordare l'iniziativa che abbiamo lanciato per onorare la memoria di Luca Attanasio, nostro laureato e ambasciatore italiano in Congo, ucciso in un attentato a febbraio e che ha ricevuto un’adesione incredibile. Grazie alla risposta della Bocconi Alumni Comunity e alla disponibilità dell’università a raddoppiare la somma raccolta, potremo istituire 5 nuove borse di studio, un risultato che ci rende particolarmente contenti perché aumentare il numero di laureati in Italia è un’assoluta priorità. La strada da percorrere è ancora lunga, ma certamente un passo decisivo è aprire le porte dell'alta educazione a giovani talenti che purtroppo vivono in condizioni di disagio e che, senza un aiuto, se ne allontanerebbero inevitabilmente.
 
Biografia
Professore di Economia e gestione delle imprese, Prorettore per il Fundraising e le Relazioni con gli Alumni, Bruno Busacca ha affiancato alla carriera di ricercatore in marketing ruoli di responsabilità sempre maggiori sia all’interno dell’ateneo che presso SDA Bocconi: tra gli altri, presidente della Commissione Master e del Comitato Attività culturali e sportive, delegato rettorale alla didattica e ai rapporti con le istituzioni, direttore del CLEA e dell’Area Marketing,  Dean della School of Management. “Di fatto sono entrato in Bocconi alla fine degli anni 70 come studente e non ne sono ancora uscito”, scherza. “Gli aspetti che mi conquistarono da ragazzo, ovvero il prestigio dell’università e una didattica di alta qualità, coinvolgente e innovativa, fatta di lavori di gruppo e case studies, e che faceva invidia a tutti gli amici iscritti in altre università, si sono rafforzati e sono rimasti ancora tratti distintivi. Diventare poi Dean di Sda Bocconi è stato davvero un traguardo importante e un passaggio di crescita fondamentale per rafforzare quel senso di appartenenza a una grande community che oggi sono chiamato a custodire e a diffondere nel mio ruolo di prorettore allo sviluppo”.

Leggi qui 10 storie di alumni e aziende che sostengono l'Università Bocconi 

Leggi l'intervista e le storie direttamente sul magazine viaSarfatti25


di Emanuele Elli

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