Maurizio Dallocchio e' l'italiano che ha corso piu' maratone di New York
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Maurizio Dallocchio e' l'italiano che ha corso piu' maratone di New York

CON UNA STRISCIA DI 23 PARTECIPAZIONI CONSECUTIVE, IL PROFESSORE DI FINANZA DETIENE UN PICCOLO RECORD, CHE AFFIANCA A QUELLO DI ESSERE IL DOCENTE BOCCONI AD AVERE SEGUITO PIU' TESI IN CARRIERA

Concludere una maratona in 4:13’ a 61 anni è già un’impresa – se poi è la ventitreesima Maratona di New York consecutiva, si tratta di un vero e proprio record. Maurizio Dallocchio, professore ordinario al Dipartimento di Finanza della Bocconi, è l’italiano con più partecipazioni consecutive a New York e dopo le prime 15 si è guadagnato il titolo di streaker e i privilegi ad esso associati: la certezza del pettorale, la partenza con la prima ondata (dall’upper deck del Ponte di Verrazzano e non da quello inferiore, più scuro e senza vista sulla città) e la disponibilità di una palestra per il riscaldamento pre-gara.
 
Ne parliamo nel suo ufficio al secondo piano dell’edificio di via Roentgen, dove gli scaffali pieni di volumi rilegati in blu parlano dell’altro suo record («difficilmente eguagliabile nei prossimi anni, se non decenni») di professore della Bocconi che ha seguito più tesi, circa 4.000. Ed è giusto così, perché le avventure di docente e di runner sono cominciate insieme, nel 1981, subito dopo la laurea in Bocconi. «Avevo già stretto accordi per iniziare a lavorare alla Pirelli in Brasile, quando il mio relatore di tesi, Giorgio Pivato, mi propose di rimanere in Università per collaborare con l’ancora piccola SDA Bocconi. Anziché partire per il Sudamerica, allora, partii per il servizio militare e finii a Grottaglie. Ufficialmente si trattava di un aeroporto, in pratica era una lunga pista che non avrebbe visto nessun aereo per quasi vent’anni, con qualche capannone e una caserma senza finestre», racconta. «Per mancanza di ogni altra cosa da fare, cominciai a correre su e giù per la pista, e ho finito per sviluppare una certa dipendenza da quel gesto». Ha perciò continuato a correre con regolarità, fortunatamente anche in paesaggi più piacevoli, come i parchi di Londra e New York, dove ha lavorato per qualche tempo negli anni ‘80 con Ed Altman, alla New York University.
 
«Non ho più smesso», dice Dallocchio, «perché la corsa è un esercizio che pulisce la mente - dalle preoccupazioni come dalle ossessioni positive, da qualunque cosa - e lascia un’estrema chiarezza. Alcune delle mie idee migliori mi sono venute dopo la prima ora e mezza di corsa».
 
La prima maratona, a Cesano Boscone (la più prestigiosa in Lombardia prima dell’istituzione di quella di Milano), l’ha preparata al centro XXV Aprile, ai piedi della Montagnetta di S. Siro, ripetendo infinite volte i 400 metri della pista. «Un esercizio che ti fortifica la mente», dice, «perché se riesci a mantenere la motivazione in quelle condizioni, senza l’aiuto della varietà del paesaggio, puoi affrontare ogni percorso».
 
A correre la prima Maratona di New York, nel 1997, lo ha convinto un gruppo di cinque studenti dell’MBA, tra i quali Armando Borghi, che in seguito avrebbe insegnato alla SDA Bocconi. «Ci aggregammo Francesco Perrini, Michele Calcaterra e io». Quando l’allora rettore, Roberto Ruozi, venne a saperlo, volle che corressero con una maglietta della Bocconi. «Non era ancora il tempo dell’abbigliamento tecnico», ricorda Dallocchio, «e la maglia in cotone, in una giornata di diluvio incessante, finì per farmi sanguinare per via dei problemi di sfregamento che affliggono tanti corridori. Custodisco però ancora con affetto quella maglietta».
 
I motivi che, da allora in poi, hanno spinto Dallocchio a visitare New York ogni novembre per la Maratona sono vari. «Intanto a New York sono vissuto e ho buoni amici, così ne approfitto per rivederli e per osservare una città fantastica senza traffico, un’esperienza impossibile in ogni altro momento; poi novembre è la data ideale, che mi permette di svolgere gran parte della preparazione in estate, limitando l’impegno in periodo di lezioni; infine, un appuntamento fisso come questo costituisce un obiettivo che giustifica la fatica e i sacrifici della preparazione e motiva ad essere costanti».
 
Con un’esperienza così lunga, Dallocchio non ha bisogno di tabelle particolari per la preparazione. «Ho imparato a conoscermi e capisco in ogni momento a che velocità sto andando e poi, in questo, seguo le indicazioni del mio maestro di corsa, Salvo Catania, senologo e ultramaratoneta, grande sostenitore della corsa a sensazione».

di Fabio Todesco

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