L'anima spontanea di New York

FEDERICO GHEZZI, LAUREATO NEL 1988 ALLA BOCCONI IN DISCIPLINE ECONOMICHE E SOCIALI, E' DOCENTE DI DIRITTO COMMERCIALE PRESSO L'ATENEO MILANESE. HA PRESO UN ANNO SABBATICO PER TRASFERIRSI A NEW YORK DOVE FREQUENTA, ALLA FORDHAM UNIVERSITY, CORSI E SEMINARI DI DIRITTO ALLA CONCORRENZA E DIRITTO COMMERCIALE COSI' DA POTER ARRICCHIRE LA PROPRIA FORMAZIONE E APPROFONDIRE ALCUNI ASPETTI GIURIDICI SPECIFICI DI CUI IN ITALIA C'E' ANCORA POCA LETTERATURA

New York è la città della spontaneità, della condivisione, degli scambi sociali, ma per godere al meglio gli aspetti straordinari di questa metropoli costosa, stratificata e complessa, uno straniero o un expat non può improvvisarsi. E’ necessaria una buona organizzazione fin dalle cose più semplici: si può mangiare bene senza spendere un patrimonio, dedicando un po’ di tempo alla ricerca del supermercato o del grocery di zona, solitamente nascosto, che offra prodotti di qualità a prezzi moderati. Si può vivere in una bella casa, che risponda alle proprie esigenze, affidandosi ad AirBnB perché il mercato immobiliare è molto vivace. Si può scegliere il quartiere più affine al proprio stile di vita senza curarsi delle distanze perché il servizio di treni e metropolitane è efficientissimo.

Io abito nel West Village che, per certi versi, ricorda alcune realtà del Sud dell’Europa: durante l’estate, infatti, le donne di origine italiana, greca e turca si riversano in strada, ognuna con la propria sedia, per trascorrere la giornata in chiacchiere. Nel complesso della città, le zone più interessanti in cui abitare sono soprattutto quelle che stanno cambiando; quelle che un tempo rappresentavano la periferia e oggi, grazie a fortissimi investimenti privati, sono state rese straordinarie e restituite alla metropoli. Da Brooklyn Heights, per esempio, si gode della vista più spettacolare di Manhattan: qui, dove un tempo c’erano i docks, adesso si trovano campi sportivi, parchi e un quartiere bellissimo. Non molto distante, un vero e proprio esempio di gentification è Dumbo (Down Under the Manhattan); Williamsburg ha, invece, attirato un’importante comunità di giovani europei. Tornando a Manhattan, l’esperimento di trasformazione urbana meglio riuscito è rappresentato da Harlem che oggi vive il fermento universitario, grazie anche al nuovo edificio della Columbia University progettato da Renzo Piano.
L’ambiente che si crea intorno alle università newyorchesi, che siano la Fordham, la Columbia, la Nyu, è piuttosto dinamico e stimolante, un punto di riferimento per affrontare la quotidianità e le difficoltà di una città come New York. In questo contesto si fa presto a intessere relazioni, ma la facilità di scambio interpersonale è una caratteristica di tutta New York. Un po’ per consuetudine, un po’ perché la città è un crogiolo di culture, tutti si sentono a casa, anche se quasi nessuno è a casa, e questo sembra aver definito il way of life tipico di New York: in strada spesso si viene salutati o, addirittura, fermati per scambiare due parole da perfetti sconosciuti.

Da tale spontaneità prendono vita alcune dinamiche sociali che quasi ovunque nel mondo sarebbero impensabili, ma non a New York. Nei campi sportivi di tutta la città, per esempio, non è insolito assistere a incontri di basket in cui i ragazzi del quartiere palleggiano con i campioni dell’Nba, passati per caso. Lo stesso accade nell’ambiente della musica che frequento con molto interesse. Le strade di New York sono teatro a cielo aperto di improvvisazioni jazz a cui prendono parte, in maniera estemporanea, anche artisti rinomati. Per non parlare dei numerosi, ma poco blasonati, locali jazz di Harlem e dello Smalls Jazz Club nel Greenwich Village: in questi luoghi, a prezzi contenuti, si assiste a vere e proprie jam session, in cui si sa come comincia la serata, ma non come finirà. Queste sono le mie mete predilette, che mi consentono di entrare in contatto con la vera anima di New York, fatta di storie e stratificazioni, scambi e improvvisazione.
 
 

di Federico Ghezzi