Quel patto tra pubblico e privato che fa bene all'occupazione
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Quel patto tra pubblico e privato che fa bene all'occupazione

STRANO MA VERO, E' IN ITALIA CHE CI SONO LE GIUSTE CONDIZIONI PER DARE IMPULSO AI PPP E RILANCIARE IL SETTORE DELLE COSTRUZIONI. BASTA SAPERE COME FARLO

di Remo Dalla Longa, SDA professor di Public management and policy

La fase di crisi del post subprime del 2007 ha prodotto in Europa, ma soprattutto in Italia, criticità sul versante degli investimenti in opere pubbliche ed infrastrutture, tanto da rappresentare una criticità dentro una criticità.
E se il fiscal compact e il credit crunch hanno contribuito ad avere sul settore delle infrastrutture ed opere pubbliche un peso devastante, nella caduta del pil prima, e nella sua inadeguata crescita poi, ha avuto un ruolo particolare in Italia la filiera del settore delle costruzioni, con una notevole perdita di posti di lavoro lontani da essere recuperati e una rilevante chiusura di aziende.
Ma il problema non è stato solo questo: con i patti di stabilità contenuti nelle finanziarie che si sono susseguite a partire dal 2009-10, non appena la crisi è diventata virulenta si è praticamente chiusa la possibilità degli enti locali di indebitarsi. Gli enti locali hanno sempre rappresentato un ambito amministrativo in grado di diffondere l’investimento, di avvicinarlo ai bisogni economici e sociali e di ricucire il territorio anche se non sempre in modo efficace. 
 
Il ruolo delle società di progetto
A livello di conti, il debito delle amministrazioni locali è diminuito da 111 mila miliardi del 2007 a 89 mila del 2016, contro l’aumento negli stessi anni del 42% per l’amministrazione centrale (da 1,49 milioni di miliardi a 2,12), dati che portano il debito della PA nel 2016 a 133% sul pil.
Peraltro, il debito in crescita delle amministrazioni centrali non è riferito agli investimenti, anch’essi in calo dal 4,5% (2008) al 3,4% (2015) contro il calo dal 21,6% al 9,9% dei comuni negli stessi anni (e la concessione di mutui agli enti locali per investimenti è passata dai 4.184 del 2007 ai 654 del 2016).
Se questo è il problema principale del nostro paese, quello cioè di aver dovuto affrontare la crisi con il più alto debito pubblico dell’area euro, con i vincoli del fiscal compact che ha portato ai rigorosi patti di stabilità con l’interruzione degli investimenti pubblici a livello centrale e soprattutto a livello locale, una possibilità poco o male attivata è il Partenariato pubblico e privato (Ppp) che dopo il decreto legislativo 50/2016 (Cdcp, Codice dei contratti pubblici) ha preso una nuova configurazione. L’obiettivo, oltre a nuove forme di sviluppo e rivitalizzazione, è anche quello di programmare un travaso dal debito pubblico a quello privato assorbito magari da una società di progetto (Spv).
Il fine rimane il recupero di occupazione persa, l’incremento aggiuntivo di quote del pil e il recupero parziale di aziende della filiera delle costruzioni e l’ammodernamento infrastrutturale del paese (si veda Remo Dalla Longa, Il Public-private partnership: L’evoluzione Stato-mercato in opere pubbliche e infrastrutture, Carocci editore, 2017).
 
I vantaggi del bel paese
L’Italia ha il più alto debito pubblico (132,8% del pil), contro il 96,5% della Spagna, il 97,4 della Francia, il 64,7 della Germania, espressione induttiva dei restringimenti sopra indicati, ma le cose cambiano se consideriamo il debito privato delle imprese non finanziarie in cui i valori percentuali sul pil vedono la Francia al 127,5%, la Spagna al 102,3% e l’Italia  al 76,6%, seconda solo alla Germania (53,4%). L’Italia rispetto alle altre tre nazioni ha in assoluto anche il più basso debito famigliare in percentuale sul pil (41,7% contro il 65,2% di Spagna, il 57% di Francia, il 53,4% di Germania). Una situazione quindi ideale per attivare il Ppp.
Tutto spinge affinché sia l’Italia più di altre nazioni ad intraprendere tale percorso, a farsi promotrice di modelli e prototipi iscrivibili all’interno del Ppp. Il nostro paese è stato l’unico che nel recepimento delle direttive comunitarie ha creato una partizione ad hoc dentro il codice sul Ppp - chi scrive è stato attore proponente della partizione quarta del Cdcp sul Ppp. Tutto semplice quindi? Basta applicare le nuove regole e normative in vigore da un anno circa? No, l’applicazione del modello del Ppp è una grande opportunità per il nostro paese, ma ha anche elementi di peculiarità e difficoltà applicative. Bisogna conoscerlo e saperlo assemblare ed è qui che sta la difficoltà.
 

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