E' tipico e va tutelato. Ma nel nome dei consumatori
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E' tipico e va tutelato. Ma nel nome dei consumatori

PER I GIURISTI IL SETTORE AGROALIMENTARE RAPPRESENTA UNA DOPPIA SFIDA. DA UNA PARTE SERVE REGOLAMENTARE L'ATTIVITA' DEI CONSORZI A CUI E' DEMANDATO IL COMPITO DI TUTELARE I PRODOTTI, DALL'ALTRA MEDIARE TRA LE SPINTE NAZIONALISTE E GLI INTERESSI EUROPEI. MA SEMPRE GUARDANDO ALLA SICUREZZA

di Miriam Allena, assistant professor presso il Dipartimento di studi giuridici

La regolazione europea in materia agroalimentare si è inizialmente sviluppata per eliminare le barriere alla libera circolazione delle merci e dei prodotti, in vista della creazione del mercato unico comunitario. Solo successivamente sono diventate rilevanti considerazioni di tutela dei consumatori: dapprima sotto il profilo della sicurezza alimentare, in seguito, sotto quello dell’attendibilità delle provenienze geografiche e dei diritti di proprietà intellettuale collegati.
Specialmente sotto questo secondo profilo si coglie il ruolo e l’importanza di quelli che la più recente normativa europea chiama gruppi di produttori, vale a dire le associazioni di produttori e trasformatori incaricate della tutela delle denominazioni geografiche (Dop, Igp) e, in generale, della salvaguardia della qualità, notorietà e autenticità dei prodotti agroalimentari.
 
Tra pubblico e privato
Ricorrendo a tali soggetti privati la pubblica amministrazione riesce a coniugare il naturale interesse dei produttori a valorizzare le caratteristiche e le tipicità dei loro prodotti con l’interesse dei consumatori a essere correttamente informati su tali profili. Ciò peraltro, e qui sta la particolare convenienza di questa scelta organizzatoria, senza che la collettività si assuma, almeno direttamente, il costo di tale tutela.
Tutto ciò pone nuove sfide al giurista, in particolare allo studioso del diritto pubblico e amministrativo, visto che una tipica attività di regolazione (la tutela dei prodotti tipici) viene delegata a soggetti privati (nella nostra tradizione, ai consorzi di tutela dei prodotti tipici). Occorre allora evitare che chi si rapporta con questi soggetti si ritrovi sfornito delle tradizionali garanzie pubblicistiche che circondano l’esercizio dell’azione amministrativa. Sicché, a fronte di un potere privato che in molti casi è altrettanto unilaterale e imperativo, è necessario assicurare quantomeno le tradizionali garanzie di trasparenza e di partecipazione, ma anche di tutela giurisdizionale. Il riferimento è, in particolare, alla possibilità per gli interessati (e per gli eventuali terzi) di impugnare questi atti/delibere di fronte al giudice amministrativo il quale può offrire una tutela reale di carattere eliminatorio (può cioè annullare la delibera) e non solo risarcitorio «per equivalente».
L’analisi della disciplina e del ruolo dei gruppi dei produttori consente peraltro di guardare, sia pure da una prospettiva particolare, al tema più generale dei rapporti tra tradizioni nazionali e Ue. In particolare, si tratta di trovare una giusta misura tra la necessaria valorizzazione delle energie imprenditoriali locali (di cui è manifestazione il prodotto tipico) e le esigenze più generali, per esempio di tutela del mercato e della salute dei consumatori, di cui l’Unione europea è portatrice.
 
Bilanciare nazionalismi e sfida europea
Sotto il primo profilo, occorre chiedersi fino a che punto la cooperazione tra imprese nell’ambito dei consorzi di tutela dei prodotti tipici sia compatibile con l’autonomia delle scelte imprenditoriali pretesa dal diritto europeo e nazionale della concorrenza. In specie, l’affidamento di pubbliche funzioni a soggetti che hanno un interesse particolare potrebbe determinare un rischio di sviamento dal perseguimento degli interessi pubblici per finalità anticoncorrenziali (tipico è il caso delle restrizioni quantitative alla produzione). Non a caso, lo Stato moderno ha superato l’organizzazione pubblica corporativistica: le corporazioni medievali esercitavano infatti una serie di pubbliche funzioni, ma nell’interesse economico dei consociati, più che della società nel suo complesso. Sotto il secondo profilo, è noto che l’esigenza di tutela delle tradizioni locali entra spesso in conflitto con la normativa a tutela dell’igiene dei prodotti alimentari: la specialità e il valore dei prodotti tipici agroalimentari risiedonio infatti in molti casi (anche) in processi produttivi antichi che sono difficilmente conciliabili con le regole e gli standard fissati a livello europeo.
Sicché, in un momento storico nel quale il progetto europeo attraversa una crisi profonda ed emergono un po’ ovunque rivendicazioni di carattere nazionalista, la vera sfida diviene quella di trovare nuove soluzioni che consentano di superare la percezione della legislazione alimentare europea come limite alla creatività e alle opportunità di sviluppo e di sopravvivenza delle tradizioni locali.
 

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