Scrivi Brexit, leggi Big Freeze
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Scrivi Brexit, leggi Big Freeze

I RISCHI DI MORTE TERMICA PER LA CITY E LA FINANZA INGLESE, SEPPURE NON ANCORA DEFINITI A CAUSA DELL'INCERTEZZA SUL MODELLO CHE VERRA' ADOTTATO PER REGOLARE I RAPPORTI UEUK, SEMBRANO ESSERE SEMPRE PIU' NUMEROSI E CERTI

di Marco Ventoruzzo, professore ordinario presso il Dipartimento di studi giuridici

Tra chi si occupa di finanza, la deregolamentazione del mercato inglese voluta da Margaret Thatcher nel 1986, determinante per il successo  della piazza finanziaria londinese, è nota come Big Bang, dal nome dell’esplosione primordiale dalla quale gli astrofisici ci dicono essere nato l’universo.  Per usare un’altra metafora presa dall’astronomia, ci si può oggi chiedere se Brexit sarà il Big Freeze della finanza inglese, evocando la teoria secondo cui l’allontamento dei corpi celesti condurrà alla morte termica dell’universo.
Rispondere a questa domanda è impossibile non sapendo ancora quale modello verrà adottato nei rapporti UE-UK. Le cronache suggeriscono una pluralità di possibili approcci, dal modello norvegese a quello svizzero, da quello canadese ad altri – come già i leader inglesi cercano di suggerire – pensati ad hoc. È tuttavia possibile azzardare alcune ipotesi, e nessuna di queste appare confortante per la City (che, non a caso, era compattamente schierata per il remain).

Primo: la stessa incertezza sul futuro, destinata a protrarsi per anni, è il peggior nemico della finanza, che vuole stabilità giuridica per valutare rischi e redditività degli investimenti. Secondo: comunque la si veda, è assai verosimile che Londra perderà – o vedrà ridotti – alcuni vantaggi di cui ha goduto.
Innanzitutto il passaporto europeo e il mutuo riconoscimento. Semplificando, un operatore finanziario autorizzato in un paese membro può prestare servizi in tutti gli altri senza particolari oneri amministrativi; inoltre un prospetto per l’offerta di strumenti finanziari approvato in un paese è valido anche in tutti gli altri. Senza queste facilitazioni, Londra diventa meno attraente come piattaforma per accedere ai mercati europei. Forti ostacoli sorgeranno anche, per esempio, per la lucrosa e fondamentale attività delle clearing houses, rispetto alla quale la Bce potrebbe escludere gli operatori inglesi in quanto non comunitari; così come per le agenzie di rating sottoposte alla diretta vigilanza dell’Esma, i cui  rating hanno un diverso effetto giuridico se non sono localizzate nell’Unione.  Per queste ragioni, molte banche e intermediari potrebbero spostare le loro attività sul continente.
Brexit renderà poi più difficile il riconoscimento e l’esecuzione di sentenze inglesi in Europa (e viceversa), e meno desiderabile il diritto inglese per disciplinare i contratti finanziari, in particolare derivati e prestiti obbligazionari, oggi spesso soggetti alla legge e alle corti inglesi. Anche su questo fronte il Regno Unito potrebbe diventare meno rilevante come luogo della finanza.
Infine, gli inglesi perderanno il ruolo di leadership che hanno avuto nell’attività legislativa europea in materia di mercati finanziari, dove spesso direttive e regolamenti sono ispirati all’esperienza inglese. Non solo: perderanno anche le autorità di controllo europee con sede a Londra, ed in particolare l’importantissima European Banking Authority, che dovrà traslocare verso lidi più meridionali.

Chi ha scommesso su Brexit potrebbe ritenere che Londra, liberata dai lacciuoli europei, diventerà ancor più competitiva, ma difficilmente gli altri paesi europei le consentiranno di trasformarsi in un paradiso della finanza, con regole flessibili, mantenendo facile accesso ai ricchi mercati continentali. Brexit, infatti, è anche un’opportunità per rafforzare altre piazza finanziarie europee, e in questa prospettiva Milano ha un’occasione unica, per esempio come possibile sede della European Banking Authority.
 

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