Quanto pesano le donne nelle scelte
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Quanto pesano le donne nelle scelte

PIU' PRUDENTI E CONSERVATIVE: COSI' LA PRESENZA FEMMINILE NEI BOARD DELLE BANCHE CENTRALI INFLUENZA LE DECISIONI SU INFLAZIONE E TASSI

di Paola Profeta, associato di Scienza delle finanze

Le donne sono sotto-rappresentate nelle posizioni decisionali in tutto il mondo. Che cosa ostacola la presenza di donne nelle posizioni decisionali? E con quali conseguenze? Sicuramente c’è un tema di equità: poiché le donne rappresentano la metà della popolazione, un’equa rappresentanza impone il bilanciamento di uomini e donne nelle posizioni decisionali. Ma il fenomeno diventa ancora più interessante e rilevante per la policy nel momento in cui la scarsa presenza di donne si innesta nei meccanismi decisionali con implicazioni economiche. La presenza di donne influenza l’agenda decisionale? Ha impatto sui risultati?
La ricerca recente ha provato a interrogarsi su queste domande con riferimento a contesti specifici. La politica e i consigli di amministrazione sono tra i contesti più studiati, anche grazie all’introduzione di quote di genere.

Un contesto nuovo e interessante è quello della politica monetaria. Sono noti gli esempi recenti di donne alla guida delle Banche centrali di importanti paesi, da Janet Allen negli Usa, a Elvira Nabiulina in Russia e Karnit Flug in Israele. È anche noto che la composizione dei comitati delle banche centrali ha impatto sulle politiche monetarie, in particolare sul grado di attivismo e sull’adozione di politiche dovish (accomodanti) o hawkish (conservative). Che cosa sappiamo della presenza di donne nella politica monetaria nel mondo? Le donne hanno impatto sulle decisioni di politica monetaria?
In un paper recente con Donato Masciandaro e Davide Romelli costruiamo un nuovo dataset che raccoglie informazioni sulla presenza di donne nei comitati di politica monetaria delle banche centrali di 103 paesi nel periodo 2002-2016. L’eterogeneità tra paesi è elevata: il 20% circa non ha nessuna donna nei comitati, la media è del 14% ma non mancano paesi come il Canada, la Svezia, la Serbia e la Bulgaria dove la presenza femminile raggiunge il 60%. Per quanto riguarda invece l’evoluzione nel tempo, dall’11% di media del 2002 siamo arrivati al 16% attuale, pur mantenendo la dimensione del comitato inalterata (circa 7 membri). In questo contesto, la presenza di donne è rilevante per la politica monetaria? La politica monetaria è stabilita da una Taylor rule forward-looking che mette in relazione il tasso di interesse fissato con deviazioni dell’inflazione attesa e dell’output. Per capire se la presenza di donne ha impatto sulla politica monetaria, la nostra analisi aggiunge come variabile esplicativa del tasso di interesse la percentuale di donne nel comitato e la sua interazione con il tasso di inflazione. I risultati mostrano che, per lo stesso livello di inflazione, una maggiore presenza di donne si associa a un più elevato tasso di interesse.

In particolare, un aumento di un punto percentuale di inflazione comporta un tasso di interesse superiore di 0,3 punti percentuali in una banca centrale con il 50% di donne nel comitato rispetto a una banca con il 10% di presenza femminile. Le donne quindi sono più hawkish (conservative), cioè tendono a combattere l’inflazione in modo più aggressivo. I risultati sono confermati da tecniche di stima più sofisticate. Inoltre, i risultati sono simili quando sviluppiamo una nuova analisi basata su microdati sul comportamento dei membri del comitato esecutivo della banca centrale svedese nel periodo 2000-2017. In ogni riunione, i nostri dati mostrano che le donne hanno una probabilità più elevata degli uomini di proporre un cambiamento del tasso di interesse in aumento.
La presenza di donne dunque non è solo una questione di equa rappresentanza, e non è solo una vetrina, ma può avere impatti sostanziali sulle decisioni prese. In particolare, le donne sono più avverse al rischio e prendono decisioni più prudenti. Un risultato che da un lato non sorprende, se confrontato con la vasta letteratura sperimentale che caratterizza le donne per un grado di avversione al rischio maggiore di quello degli uomini, e dall’altro appare particolarmente rilevante per le decisioni di politica monetaria.
 

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