Chiare, fresche e dolci acque. E l'arte del loro riciclo
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Chiare, fresche e dolci acque. E l'arte del loro riciclo

NORME PIU' AGILI A LIVELLO EUROPEO E CHIAREZZA SUI COSTI DI PRODUZIONE E COSTRUZIONE DEGLI IMPIANTI SONO GLI OSTACOLI DA RIMUOVERE PER TRASFORMARE GLI SCARICHI IN UNA NUOVA MATERIA PRIMA

di Alessandro de Carli, research fellow del Certet Bocconi

Why waste water? È lo slogan proposto dall’Onu per la Giornata mondiale dell’acqua 2017. Questa domanda può essere letta in molti modi: perché sprechiamo l’acqua? Oppure, perché non depuriamo l’acqua prima di immetterla nell’ambiente? Perché non valorizziamo elementi contenuti nelle acque reflue? Dunque è un invito a declinare il paradigma della circular economy ai servizi idrici, in particolare quelli che prevedono il trattamento delle acque reflue. In un’ottica circolare, la depurazione delle acque non verrebbe più vista come una soluzione end-of-pipe al problema dei reflui ma come una fase di un ciclo idrico ampio, volto a reimmettere acqua depurata nell’ambiente, a favorire il riuso e a recuperare materiali ed energia. I tre ambiti appena descritti sono stati analizzati mediante una triplice chiave di lettura: tecnologica, di mercato e normativa.
Il riuso delle acque, specialmente per usi irrigui, non presenta particolari problemi dal punto di vista tecnologico, in quanto diffuso in Italia. La domanda di acqua depurata (costante tutto l’anno) sta aumentando in particolare dove l’irregolarità delle precipitazioni inizia a creare qualche problema per l’irrigazione.

Dal punto di vista normativo, i parametri di emissione molto stringenti per il riuso irriguo delle acque depurate scoraggia alcuni gestori a causa degli ingenti investimenti da mettere in atto.
La valorizzazione energetica è matura dal punto di vista tecnologico, in particolare si produce biogas e bio-metano dalla gestione anaerobica dei fanghi di depurazione. Esistono inoltre casi di utilizzo delle acque reflue in sistemi energetici basati su pompe di calore o la produzione di energia elettrica con micro impianti idroelettrici. La domanda di energia (più ciclica che rinnovabile) è elevata, soprattutto se utilizzata per coprire la domanda energetica interna agli impianti di depurazione. Da un punto di vista normativo, invece, vi sono ancora delle incertezze sull’uso del bio-metano in circuiti esterni all’impianto.
Infine si arriva alla valorizzazione di materiali estratti dai reflui: sabbie, metalli e minerali, nutrienti, proteine, ecc. Questo è l’ambito dove la ricerca deve ancora fornire delle risposte. Da un punto di vista tecnologico vi sono impianti pilota per l’estrazione di particolari materiali. È necessario capire quali potranno essere i costi di costruzione di impianti tali a estrarre i diversi materiali, quando tali costi risulteranno competitivi in rapporto alla disponibilità di risorse a scala mondiale, in primis il fosforo. Inoltre è necessario verificare se l’attuale normativa europea e nazionale è tale da favorire l’estrazione dei suddetti materiali.

A livello europeo, nel Circular Economy Pack, i fanghi di depurazione non sono menzionati come fonte di nutrienti riciclabili nel progetto di revisione della Commissione europea del regolamento di fertilizzanti. A livello italiano la classificazione dei prodotti della depurazione come rifiuti non facilita la loro valorizzazione, scoraggiando anche i più determinati gestori. Infine, i limiti per il riuso delle acque di scarico dei depuratori per scopi irrigui sono i più stringenti a livello mondiale. Dunque per stimolare la gestione più sostenibile delle acque reflue è necessaria una rilettura delle norme che favoriscano il recupero e il riuso, assicurando la tutela dell’ambiente e della salute umana.
 

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