L'Ibm dopo l'Ibm
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L'Ibm dopo l'Ibm

DAI PRODOTTI AI SERVIZI: COSI' ANCHE LE IMPRESE MANIFATTURIERE STANNO CAMBIANDO PELLE

di Andrea Ordanini, direttore del Dipartimento di marketing

Che il ruolo dei servizi sia cresciuto negli ultimi decenni e sia oggi dominante nelle economie sviluppate non è una novità. Basti pensare ai maggiori brand quali Google, Amazon o Starbucks, e quelli che ad oggi vengono additati come i modelli di business più innovativi, come Netflix, Airbnb, o Spotify. In tutti i casi si tratta di operatori di servizi che mirano a offrire esperienze di consumo con grande coinvolgimento del cliente, e spesso legate alla condivisione sociale. In passato, in un’economia centrata sui prodotti tangibili, le offerte si caratterizzavano invece per benefici più differiti e dipendenti dal possesso dei beni materiali. Basti solo pensare al valore che dieci o venti anni fa veniva attribuito da un giovane al possesso di un’auto propria, e la netta preferenza, al giorno d’oggi, per un servizio di car sharing da parte dello stesso giovane.

Ma l’economia dei servizi non si basa solamente su nuove aziende, social networks e tecnologie digitali. Sempre più imprese tradizionalmente manifatturiere stanno modificando le proprie strategie di mercato e i processi attraverso cui si relazionano con i loro clienti. Il caso più clamoroso e noto ha riguardato Ibm che, malgrado il suo acronimo ancora oggi significhi International business machines, è oggi la più grande azienda di servizi al mondo, dopo aver compiuto una radicale transizione verso i servizi realizzata a cavallo degli anni 2000. Passando al nostro paese, il marchio Technogym, che rappresenta un’eccellenza mondiale della manifattura industriale italiana, si definisce nel proprio sito web come un’azienda che offre soluzioni fitness e wellness, e non prodotti tangibili.

Uno dei casi più recenti e interessanti di transizione ai servizi ha riguardato il marchio Philips che ha realizzato un prototipo di offerta denominata Selling light as a service. In sostanza, con il coinvolgimento attivo di un grande studio di architettura e di un’azienda di installazione, Philips ha sviluppato un servizio denominato pay-per-light. Attraverso questo servizio, un cliente professionale o industriale, che abbia bisogno di un elevato volume di luce in ampi spazi, può semplicemente pagare non le lampadine, gli altri strumenti di illuminazione o l’elettricità, ma un servizio chiavi in mano di erogazione di luce. Philips mantiene la proprietà di tutti i prodotti e si occupa anche della loro assistenza e sostituzione. Fornisce inoltre il servizio di installazione e ottimizzazione del consumo energetico, con effetti stimati in un contenimento dei costi vicino al 30%. Il cliente, dunque, con questo servizio paga solo per avere la luce.
È probabile che altre trasformazioni verso i servizi, anche inattese, emergeranno nei mercati nei prossimi anni e modificheranno necessariamente il nostro comportamento di consumo.
 
 

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