Ideali e buon senso fanno il moderno diplomatico
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Ideali e buon senso fanno il moderno diplomatico

CAMBIANO SCENARI, SFIDE E PROTAGONISTI, MA LA MOLLA CHE SPINGE UNA PERSONA AD ABBRACCIARE LA CARRIERA DIPLOMATICA SONO GLI IDEALI, COME SPIEGA MARIA LETIZIA SANTANGELO, LAUREATA IN ECONOMIA POLITICA E OGGI RESPONSABILE DI UNO DEI SETTORI CHIAVE DELLA NOSTRA DIPLOMAZIA

All’inizio fu la carriera accademica ma, come Maria Letizia Santangelo, laureata in Bocconi in Economia politica nel 1997, confessa, “la mia passione, che pure c’era, non era sufficiente  a sostenere  i grandi sforzi che questa carriera richiedeva”. Poi, un giorno, leggendo su un quotidiano il bando di un master all’Ispi sulle relazioni internazionali, la folgorazione. Si iscrive al master e poi al concorso per entrare in diplomazia, superato al primo tentativo.

Che cosa l’ha spinta verso questa carriera?
Sono una persona di forti ideali e che cosa c’è di più grande che servire il proprio paese e i propri connazionali? Questa è la motivazione che spinge tutti i diplomatici a fare quello che fanno. Poi ci sono altre ragioni, come la varietà di competenze che sei chiamato ad avere, la diversificazione delle mansioni, la possibilità, anzi la certezza, di viaggiare che ti costringe ogni volta a uscire dalla tua zona di comfort e a migliorarti. Ma la dimensione ideale è alla base di tutto.

Lei è oggi Capo dell’Unità per l’America Settentrionale e Consigliere d’Ambasciata, un’area molto importante per il nostro paese. Quali sono le sue principali funzioni?
La mia Unità si occupa dei rapporti bilaterali con Stati Uniti e Canada. Gli Stati Uniti, in particolare, sono un attore di primo piano della scena internazionale e il nostro primo partner strategico. La loro politica estera si dipana su un orizzonte a 360 gradi, questo significa per me e il mio team avere un occhio puntato su tutte le grandi sfide sistemiche, globali e regionali e quindi, in concreto, fare analisi e sintesi su una grande pletora di argomenti.

Il contesto mondiale, si dice spesso, si è fatto più complicato. In questi circa 20 di carriera che cosa è realmente cambiato?
E’ cresciuta la complessità appunto. Ad esempio lo sviluppo delle tecnologie informatiche ha posto nuove sfide securitarie di cui dobbiamo occuparci, come la cybersicurezza.  Così come a fronte dello sviluppo dei social media si è avuta una trasformazione della comunicazione istituzionale. Sono poi venute alla ribalta nuove priorità, penso ad esempio alle tematiche ambientali, ormai drammaticamente non più rinviabili. Mentre si sta andando verso nuovi assetti sistemici con un ritorno della competizione ad ampia portata tra le “superpotenze”, in particolare Stati Uniti, Russia e Cina.

Quali sono le qualità attitudinali che deve avere un buon diplomatico?
Credo equilibrio e buon senso. E’ un mondo in cui serve autocontrollo, devi sapere gestire le emozioni e avere la pazienza e la lungimiranza per individuare in ogni contesto e su ogni problema il giusto punto di caduta. E’ una questione di ascolto di se stessi e degli altri e di grande disciplina. Così inteso l’autocontrollo è un importante strumento di crescita e di miglioramento anche sul piano personale. E’ anche un lavoro che richiede capacità di ponderare, analizzare i tanti elementi in gioco e trovare il giusto equilibrio: è quello che accade ognivolta quando scrivo o dico qualcosa.
 
 

di Davide Ripamonti

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