La tecnologia per combattere un packging sempre piu' complesso
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La tecnologia per combattere un packging sempre piu' complesso

QUANDO SI PARLA DI RICICLO, IL PROBLEMA MAGGIORE E' L'EVOLUZIONE DEGLI IMBALLAGGI, SEMPRE PIU' SPESSO FORMATI DA VARI ELEMENTI. PER FORTUNA, VA DI PARI PASSO LA RICERCA, CHE OGGI CONSENTE DI RECUPERARE PIU' MATERIALI CHE IN PASSATO, COME SPIEGA SIMONA FONTANA, ALUMNA E RESPONSABILE DEL CENTRO STUDI DEL CONAI

C’è un mito da sfatare quando si parla di riciclo e in particolare di riciclo d’imballaggi: l’exploit dell’ecommerce c’entra poco. Non incide significativamente sulla quantità complessiva di confezioni da smaltire. Semmai, il commercio elettronico e il servizio di consegna a domicilio impattano nel momento in cui contribuiscono a modificare la tipologia di rifiuti urbani prodotti dalle famiglie. Se anche le utenze domestiche devono smaltire scatole di cartone, in aggiunta alla produzione industriale, diventa più eterogenea e onerosa la loro raccolta nelle città, che già generano un ampio ventaglio di materiali riciclabili.

Senza contare che i piani di smaltimento a livello nazionale devono tenere conto di differenti organizzazioni e regole seguite nei centri urbani. «C’è una sorta di evoluzione costante nella produzione d’imballaggi da riciclare, compaiono sul mercato packaging sempre più complessi da smaltire. La soluzione è stimolare sia una risposta di sistema sia incentivare la ricerca tecnologica», spiega Simona Fontana, responsabile del Centro studi per l’economia circolare di Conai, che si occupa tra l’altro di coordinare aziende e pubblica amministrazione, nelle attività di riciclo, e anche di sostenere gli extracosti della raccolta urbana tramite consorzi operativi di filiera. Nato col Decreto Ronchi del 1997, lo stesso Consorzio nazionale imballaggi ha promosso per esempio una partnership per un sistema green, e avanzato tecnologicamente, che riesce ora a recuperare tutte le componenti di imballaggi complessi come i brick, cartoni per bevande composti da più materiali tra cui carta, plastica e alluminio. «In passato si poteva estrarre un solo elemento per il suo recupero, dovendo scartare gli altri due. Oggi, oltre alla carta, si possono utilizzare plastica e alluminio per realizzare altri prodotti, tra cui i pallet», sottolinea Fontana.

Tra materiali complessi e raccolta progressivamente più eterogenea, comunque, Conai ha posto anche per il 2023 obiettivi di riciclo al rialzo: il traguardo è raggiungere quest’anno il 75% degli imballaggi utilizzati su base nazionale. Per l’anno scorso, le stime non ancora definitive proiettano un risultato del 74%, dopo che nel 2021 l’Italia era a quota 73,3%, partendo dal 33% del 1997. «Le differenze in punti percentuali possono apparire minime ma, in realtà, corrispondono a milioni di tonnellate di confezioni reimmesse nel sistema economico», puntualizza la responsabile del Centro studi per l’economia circolare di Conai. «L’Italia ha una vocazione storica nel riciclare. È il primo paese in Europa per kilogrammi pro capite riciclati. Si tratta quindi di un trend consolidato, che non si è fermato nemmeno durante la crisi degli Anni Duemila o a causa del Covid. Anzi, i momenti d’incertezza danno maggior valore al recupero del packaging e dei relativi benefici economici».

In questo ecosistema che ruolo hanno cittadini e p.a.? «Gli italiani sono in Europa tra i più attenti e convinti dei vantaggi della raccolta differenziata», risponde Fontana. «La pubblica amministrazione ha invece vari compiti, da quello di normazione e controllo che devono essere agevolmente applicabili nella realtà fino a quello di rendere green alcuni dei suoi stessi acquisti attraverso processi di green public procurement».
 

di Camillo Papini

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