C'era una volta il codice a barre. E ci sara' sempre uno standard
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C'era una volta il codice a barre. E ci sara' sempre uno standard

INTERVISTA AD ALBERTO FRAUSIN, ALUMNUS BOCCONI E NUMERO UNO DI GS1 ITALY

«Il futuro è tecnologia e dati. E nessuno lo sa meglio dell’industria dei beni di largo consumo». Alberto Frausin, 61 anni, alumnus Bocconi e amministratore delegato di Carlsberg Italia, spiazza chi si aspettava che lo scenario prefigurato coinvolgesse in primis le aziende ad alto contenuto hi-tech piuttosto che la buona vecchia e cara GDO. Il manager vicentino, tuttavia, oltre che da 40 anni di esperienza nel settore, attinge dati e certezze dal suo ruolo di presidente di GS1 Italy, l’associazione che riunisce oltre 35 mila imprese produttrici e distributrici di prodotti di largo consumo, e che da tempo è impegnata proprio per favorire l’acquisizione e la condivisione di informazioni lungo tutta la filiera che guida un prodotto dalla sua nascita al consumatore.
GS1 è nota come l’associazione del codice a barre... quanto questa definizione vi rappresenta ancora oggi?
GS1 è nata 50 anni fa negli Usa dalla volontà dei distributori americani di trovare un linguaggio di codifica universale per i prodotti. Il codice a barre è arrivato in Italia qualche anno dopo, utilizzato per la prima volta da Esselunga, e oggi è diffuso nella quasi totalità delle aziende di beni di largo consumo. Il codice a barre ha valicato i confini della GDO ed è utilizzato anche nell’editoria, nell’healthcare, in banca, e ha ancora ampi margini di diffusione. Basti dire che in Germania, per esempio, anche i pazienti degli ospedali hanno un codice a barre associato, e così le medicine che assumono.
La digitalizzazione dei processi fa aumentare l’esigenza di standard. Che cosa ne sarà del codice a barre?
La richiesta di un linguaggio comune tra produzione, logistica e distribuzione, è sempre più sentita. Si pensi a tutti i discorsi relativi alla blockchain di cui si parla tanto: l’unico modo per seguire davvero la filiera di un prodotto o di un processo dalla sua nascita alla sua destinazione è quello di avere un codice di standardizzazione unico. Non si tratta più solo di un vantaggio competitivo, è diventata una necessità, significa essere in grado di parlare tutti con tutti. Non so dire se, in questo contesto, il futuro sarà ancora del codice a barre o, facilmente, questo strumento si evolverà in qualcosa d’altro. Decathlon, per fare un esempio, applica su tutti i suoi prodotti la tecnologia RFid persino all’interno dello store; se una maglietta viene provata più volte nello spogliatoio, ma poi non viene acquistata, il feedback sullo scarso appeal di quel prodotto arriva alla casa madre immediatamente, non dopo mesi di ricerche di mercato. Pensiamo a che cosa potrebbe significare questo, per esempio, nell’alimentare o, più genericamente, nel Made in Italy; vorrebbe dire più possibilità di certificare l’origine di un prodotto, la sua lavorazione, di poterlo tutelare di più, vendere meglio...
Se questo è il futuro, il presente è rappresentato dal progetto Immagino e dal neonato programma Allineo. Quali obiettivi avete con queste due campagne?
Immagino ha nel suo database le fotografie di circa 100 mila prodotti che valgono più dell’80% della ponderata del largo consumo in Italia. Un database che consente al nostro Osservatorio e alle imprese di fare analisi sui trend più rilevanti . Per esempio, rispetto alla categoria gluten free, siamo in grado di analizzare quanti prodotti ci sono, di quanto aumentano nel numero o nel prezzo, quali sono i consumi reali, quali effetti di marketing ha la scritta gluten free sul consumatore. È una lente d’ingrandimento utile per tutte le aziende, perché è vero che oggi non si inventa nulla, ma anche copiare bene è già molto. E non è facile. Allineo invece è un catalogo elettronico che comprende tutte le informazioni relative al confezionamento dei prodotti: entro il 2020 potremo fare in modo che per completare un ordine o organizzare un trasporto si parleranno tra loro i sistemi e non più le persone al telefono.
Per un’azienda oggi quanto è importante avere un buon data manager?
Fondamentale, per un’impresa il futuro è tecnologia e dati. La sfida è nel saperli raccogliere ma soprattutto trasformare in informazioni di valore. Ma credo che questo non debba essere l’obiettivo solo di un’azienda ma di tutto il sistema, che deve riuscire a parlare un linguaggio comune per allinearsi all’economia circolare che ormai unisce tutti i passaggi, dalla produzione al trasporto, dalla logistica alla distribuzione, fino al commercio e allo smaltimento degli scarti.
 

di Emanuele Elli

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