Da bambina il mio sogno era fare l'ambasciatore. E oggi ho le valigie sempre pronte
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Da bambina il mio sogno era fare l'ambasciatore. E oggi ho le valigie sempre pronte

IL SUO VIAGGIO E' INIZIATO AL SERVIZIO CERIMONIALE DIPLOMATICO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. DA ALLORA L'ALUMNA AURORA RUSSI HA FATTO TAPPA A MADRID PER POI ARRIVARE IN BRASILE DOVE SI OCCUPA DI 25MILA ITALIANI IN QUALITA' DI CONSOLE DI BELO HORIZONTE

Circondata da legioni di aspiranti ballerine e cantanti, Aurora Russi non si è mai tirata indietro nel dichiarare il suo sogno di bambina: «Da grande voglio fare l’ambasciatore». Idee chiare che si sono confermate negli anni del liceo, quando la partecipazione alle simulazioni del Parlamento Europeo dei giovani le hanno fatto capire che il sogno era una vocazione reale. «L’ultimo anno delle superiori mi sono informata molto sul percorso che poteva assecondare di più questa volontà», racconta l’attuale console italiana a Belo Horizonte, «e il Clapi mi ha convinta subito». La laurea in Bocconi è stata un biglietto da visita efficace e già poche settimane dopo il diploma si era concretizzato un contratto con Federchimica nello staff che curava le relazioni internazionali. «Era un lavoro che aveva tutto per piacermi e per diventare la mia vita», ricorda la diplomatica.

«Inoltre era molto apprezzato anche il modo autonomo e intraprendente con il quale avevo interpretato l’incarico. Però nel cuore covava sempre lo stesso desiderio e allora ho tentato il concorso per la carriera diplomatica». Buona la prima, il concorso è vinto e poco dopo arriva la chiamata del ministero degli Affari esteri. Anche in Confindustria alzano le mani e la incoraggiano ad accettare. Non ce n’è bisogno in realtà perché il ruolo all’interno del Cerimoniale diplomatico della Repubblica è uno di quesgli incarichi a cui è impossibile rinunciare. «Si trattava di organizzare i viaggi e le visite ufficiali all’estero del Presidente della Repubblica», spiega l’alumna Bocconi. «C’era dunque una parte di gestione pratica molto importante, e insieme un contatto ravvicinato con la cultura dei paesi ospitanti, con le loro tradizioni e usanze. Un lavoro meraviglioso, insomma».

Il diplomatico tuttavia ha sempre le valigie pronte, si sa, e quindi sono arrivate anche le missioni all’estero, prima all’ambasciata a Madrid e ora il consolato a Belo Horizonte, dove Aurora Russi coordina uno staff di 13 persone. «La parte principale del lavoro è l’erogazione di servizi consolari, ma ci occupiamo anche di favorire la presenza di aziende italiane nella regione di Minas Gerais e facciamo promozione della cultura e delle tradizioni italiane in tutto il territorio». La domanda è forte perché qui la comunità italiana è numerosa, almeno 25mila persone, circa il 30% della popolazione della regione è oriunda italiana e molti brand nostrani, da Fca a Ferrero, da Fassa Bortolo a Techint hanno qui le loro principali sedi sudamericane. «È molto impegnativo, ma è il bello del ruolo di console, che deve saper unire gli aspetti umani a quelli professionali, il contatto con privati cittadini e quelli con le grandi industrie». Nel 2018 scadrà il suo mandato brasiliano e, per alternanza, la console dovrà rientrare a Roma. «Contenta di tornare a casa? Sì e no... so già che non appena arrivata avrò già voglia di ripartire di nuovo».

Per approfondire:
Quei civil servant con il mondo come ufficio. L’editoriale di Valentina Mele
Nel mio destino c’era scritto Washington. La storia di Andrea Salerno
Ho scoperto di avere fame ad Expo2015. La storia di Tatiana Tallarico
Sono una globetrotter al servizio della salute. La storia di Marzia Calvi


 

di Lorenzo Martini

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