La legislazione sul “Made in” che piace soltanto agli italiani
PER LE ALTRE NAZIONI EUROPEE SI TRATTEREBBE DI UN INTERVENTO COSTOSO E DI OSTACOLO AI RAPPORTI ECONOMICI CON I PAESI EXTRA-CEdi Laura Carola Beretta, docente di international and customs law alla Bocconi
La vicenda italiana relativa alla disciplina giuridica dell’indicazione made in Italy vede ancora una volta contrapporsi, da un lato, alcuni settori produttivi schierati, in nome della tutela del consumatore, a favore dell’obbligatorietà dell’indicazione di origine estera sui prodotti ottenuti con fasi di lavorazione svolte all’estero, e dall’altro lato, quei settori industriali, tra cui quello dell’occhialeria, che, avendo già operato scelte di delocalizzazione, vi si oppongono. Colpisce, innanzitutto, come il contrasto per eccellenza che caratterizza questa ennesima battaglia riguardi l’obbligatorietà e che non sia ancora dato per acquisito che l’obbligo di indicazione del paese di origine può essere stabilito solo da una norma comunitaria. Una previsione italiana in tal senso, infatti, come giustamente richiamato in vari articoli del Sole-24 Ore, costituisce un ostacolo al commercio intracomunitario in violazione della normativa Ce; e comporta, come già sta avvenendo, una perdita economica per il settore logistico italiano, nella misura in cui incentiva le aziende che devono importare a sdoganare in altri paesi Ce, trasportando poi in Italia, per evitare di essere penalizzate dall’applicazione della normativa italiana. Purtroppo, l’interesse in un regolamento europeo sull’indicazione di origine è squisitamente italiano. Molti stati membri della Comunità si oppongono all’entrata in vigore di un regolamento comunitario relativo all’obbligatorietà dell’indicazione di origine dei prodotti importati, considerata come un costo e un ostacolo al commercio tra Comunità e stati terzi. A nulla è servito restringere l’obbligo a tessili, abbigliamento, calzature, articoli di pelletteria, gioielli e mobili; né far presente che la legislazione commerciale dei principali attori del commercio internazionale prevede tale obbligo che anche i prodotti esportati dalla Comunità europea devono rispettare: la proposta di regolamento comunitario relativo all’obbligatorietà dell’indicazione d’origine non sembra avere, al momento, prospettive di evoluzione.