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Lamy: la strada per la nuova governance globale

PER IL DIRETTORE GENERALE DEL WTO, L’EUROPA INSEGNA CHE PER L’EFFICACIA SERVONO FORTE LEADERSHIP, LEGITTIMAZIONE E COERENZA. OGGI UNA NUOVA GOVERNANCE PUò BASARSI SU G20, ONU E PRINCIPI ETICI CONDIVISI

“La caduta del muro di Berlino è stata un momento di svolta per la globalizzazione eppure 20 anni dopo il mondo è in uno stato di forte difficoltà,” esordisce Pascal Lamy, direttore generale del Wto, nel suo discorso ‘Global governance: lessons from Europe’  tenuto in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2009/10 dell’Università Bocconi. “La realtà è che la fine della Guerra fredda ha preso tutti di sorpresa. Un nuovo ordine mondiale stava nascendo eppure non ci fu discussione sulle strutture di governance. Non ci fu una conferenza di Bretton Woods o di San Francisco dopo il 1989. Ma le sfide globali hanno bisogno di soluzioni globali con la giusta governance globale che oggi, 20 anni dopo, rimane ancora troppo deficitaria”.

Per Lamy parlare di governance globale vuole dire introdurre un sistema per aiutare la società umana a inseguire uno sviluppo sostenibile economico, sociale e ambientale. E i punti cardine della governance sono la leadership, la legittimità, l’efficienza e la coerenza. Da qui nascono i problemi nell’identificare la leadership, nel fornire una legittimità che non appaia ai cittadini distante e non rendicontabile e nel convincere le nazioni ad agire in modo coerente a livello internazionale.

“In questi tempi difficili per l’Unione europea non è facile presentarla come un nuovo paradigma di governance globale”, spiega Lamy. “Eppure è uno dei più ambiziosi esperimenti di governance sovranazionale.  Un esperimento nato sulle basi di una forte volontà politica comune, dell’esistenza di un obiettivo da raggiungere e di una struttura istituzionale”.

“Sul fronte della leadership”, illustra Lamy, “la Ue ha ottenuto buoni risultati. Prima di tutto nel creare il mercato interno e l’euro. Mentre, per esempio, nell’inseguire l’Agenda di Lisbona c’è un’assenza di volontà politica. L’Europa ottiene buoni voti anche in termine di coerenza dato che, per esempio, la Commissione europea agisce con il principio della collegialità. Ed è anche efficiente visto che la Corte europea di giustizia assicura il rispetto delle leggi e la Commissione vigila sulla compliance. L’Europa è invece deficitaria sul fronte della legittimazione. Non c’è stata la ‘scintilla democratica’ e stiamo assistendo a un crescente divario tra opinione pubblica e progetto europeo”.

Le lezioni da apprendere da 60 anni di integrazione europea, secondo Lamy, sono numerose. Prima di tutto che bisogna integrare istituzioni, volontà politica e progetto comune. Ma tutto ciò è insufficiente se poi permane un problema di legittimazione. Le istituzioni sovranazionali, infatti, richiedono un investimento a lungo termine. Nel dettaglio, la governance globale va ancorata all’impegno dei vari stakeholder, al rispetto delle leggi e degli impegni esecutivi. La seconda lezione è il rispetto del principio della sussidiarietà. Il sistema internazionale, infatti, non va sovracaricato con questioni che si possono affrontare meglio a livello locale o nazionale.  La coerenza, poi, spetta per primi ai membri individualmente – ‘la coerenza inizia a casa’. Infine, secondo Lamy, la democrazia esercitata a livello nazionale va trasferita sul piano internazionale. Le questioni internazionali, per esempio, devono diventare oggetto di dibattito domestico e i governi nazionali andrebbero resi rendicontabili per il loro comportamento internazionale.

“La buona notizia è che molti di questi temi sono già work in progress. La crisi economica globale ha infatti accelerato il passaggio verso una nuova architettura di governance globale, in quello che definisco il ‘triangolo della coerenza’. Un triangolo composto dal G20 che fornisce leadership politica, le organizzazioni internazionali che forniscono competenze e politiche e le Nazioni unite che forniscono un forum per la rendicontabilità. Nel lungo termine, il G20 e le agenzie internazionali dovrebbero riportare al ‘parlamento’ delle Nazioni unite. Tutto ciò comporterebbe un potente mix di leadership, coinvolgimento e azione per assicurare coerenza ed efficacia della governance globale”.

“In tale ottica”, continua Lamy, “una struttura di questo genere avrebbe bisogno di una base centrale di valori e principi. Come ha suggerito Angela Merkel con la creazione di un ‘Charter for sustainable economic activity’. La creazione di un nuovo contratto economico globale è uno sforzo lodevole dato che radicare la globalizzazione economica su una base di principi e valori etici rinnoverebbe la fiducia nella globalizzazione di cui i cittadini necessitano”. 

“La globalizzazione oggi pone un rischio serio alle nostre democrazie e i nostri sistemi di governance devono rispondere alla sfida”, conclude Lamy. “Se i cittadini percepiscono che i problemi globali sono irrisolvibili e fuori portata ciò rischia di indebolire le nostre democrazie. E tra i vari sforzi in atto, l’Unione europea rimane un laboratorio di governance internazionale, il luogo dove si sperimenta”.

L'INTERVENTO COMPLETO DI PASCAL LAMY

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di Tomaso Eridani

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