Una difesa contro la dittatura della maggioranza
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Una difesa contro la dittatura della maggioranza

MOLTE DELLE COSTITUZIONI DEL DOPOGUERRA HANNO STABILITO SISTEMI INDIPENDENTI, COME LA CORTE COSTITUZIONALE IN ITALIA, CHE SI ERGONO A TUTELA DELLE LIBERTA' E DEI DIRITTI. PERCHE' LA LEGGE E' ESPRESSIONE DELLA VOLONTA' DI MOLTI, MA NON DI TUTTI E CHI DETIENE IL POTERE PUO' RISCHIARE DI ABUSARNE

di Francesco Vigano', professore di Diritto costituzionale e giudice della Corte costituzionale italiana

Che rapporto c’è tra diritti e democrazia? A tutti noi viene spontaneo immaginare che una democrazia sia il luogo naturale in cui i diritti e le libertà individuali sono protette e valorizzate.

Sempre più spesso, però, la storia contemporanea ci pone di fronte a democrazie cosiddette “illiberali”: e cioè a regimi legittimati dal voto popolare, che godono un ampio consenso in vasti strati della società, e che al tempo stesso perseguono politiche fortemente limitative dei diritti delle persone. Persino la libertà di espressione è in molti casi sotto attacco in questi Paesi: giornali e canali televisivi critici nei confronti del regime vengono chiusi con l’avallo di tribunali compiacenti; leader dell’opposizione vengono accusati e condannati per reati d’opinione, o per avere diffuso pretese “fake news”.

Naturalmente, in questi contesti i gruppi minoritari sono quelli più vulnerabili: giovani “non allineati”, minoranze etniche, linguistiche e religiose, persone di diverso orientamento sessuale o identità di genere non omologate rispetto a quelli della maggioranza. E poi ancora stranieri, detenuti, persone affette da problemi mentali.

La realtà, purtroppo, è che la democrazia non garantisce necessariamente la tutela dei diritti e delle libertà. Dopo tutto, la regola base della democrazia è la volontà della maggioranza, espressa tramite i processi elettorali. Ma la maggioranza può facilmente diventare lei stessa “tiranna”: approvando leggi che riducono e talvolta azzerano i diritti dei singoli individui, in nome di una pretesa utilità comune.

Non è un caso, d’altronde, che le dittature abbiano spesso avuto origine, nella storia, non da colpi di stato militari o rivoluzioni violente, ma da libere elezioni. Governi legittimati dal voto popolare si sono poi incaricati del compito di sopprimere le libertà e i diritti, attraverso leggi regolarmente approvate in parlamento. E si sono così garantiti le condizioni per restare stabilmente al potere, mettendo alla fine fuorilegge qualsiasi forma di opposizione.
Proprio per evitare questi scenari, molte Costituzioni dal secondo dopoguerra in poi – quella italiana in testa – hanno istituito Corti costituzionali, affidando loro il compito di custodire le libertà e i diritti delle persone, soprattutto di quelle meno rappresentate a livello politico.

La tutela dei diritti di queste persone non può restare affidata soltanto alla legge, perché la legge è espressione della maggioranza; e il rischio da evitare è – appunto – che la maggioranza abusi del proprio potere a discapito delle minoranze. Proprio per questo la tutela dei diritti di tutti è stata affidata a corti indipendenti dal potere politico, che non rispondono agli elettori, ma soltanto alla Costituzione: i cui principi esse hanno il dovere di proteggere anche contro le decisioni della maggioranza.

Certo, tutte le libertà e i diritti riconosciuti dalla Costituzione possono, a certe condizioni, essere legittimamente limitati dalle leggi approvate dal Parlamento, per salvaguardare altri interessi individuali o collettivi. In questi casi, la Corte costituzionale deve riconoscere un ampio margine di manovra al potere politico, nell’individuazione di punti di equilibrio sostenibili tra diritti individuali e interesse pubblico. Ma alla Corte spetta fissare i limiti invalicabili alle possibili scelte del legislatore, al di là delle quali il potere della maggioranza cessa, affinché sia garantita una tutela minima dei diritti di ogni persona.

Anche perché, a ben guardare, la difesa intransigente delle libertà fondamentali da parte della Corte costituzionale – a cominciare dalla libertà di manifestazione del pensiero – è condizione stessa per garantire che una democrazia continui a prosperare, e non si corrompa diventando, a poco a poco, una tirannide. Senza libertà, non sarebbe possibile criticare chi è al potere; e chi ha il potere sarebbe sempre più indotto ad abusarne, anche attraverso l’esclusione sistematica dalle competizioni politiche, con mezzi più o meno legali, dei propri avversari politici.

In fondo, il compito essenziale dei diritti e delle libertà riconosciute dalla Costituzione è proprio questo: garantire le condizioni perché le minoranze di oggi abbiano una possibilità concreta di divenire le maggioranze di domani. E allora, l’idea stessa di democrazia “illiberale” è davvero una contraddizione in termini. Quando una democrazia non rispetta più le libertà fondamentali delle persone, forse ha già cessato di essere una vera democrazia.

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