OUTLOOK 2023
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OUTLOOK 2023

DIECI INTERVENTI PER GUARDARE ALLE SFIDE DEL NUOVO ANNO. NONO CAPITOLO: LE TENDENZE SOVRANISTE. LE CRISI PIU' RECENTI HANNO CAMBIATO LA RETORICA DI QUESTE FORZE, MA ANCHE LE DINAMICHE ALL'INTERNO DELL'UNIONE EUROPEA. LA TENTAZIONE E' PENSARE CHE TALI MOVIMENTI SI SIANO TRASFORMATI IN SOVRANISTI LIGHT, MA COSI' NON E'

di Eleanor Spaventa, professoressa di Diritto dell'Unione europea

Il panorama politico dell’Unione Europeo è in costante flusso e in molti paesi movimenti populisti e sovranisti sono cresciuti notevolmente, sia come forza di Governo sia come forza di opposizione. La domanda che sorge spontanea è allora quale sia il potenziale impatto di questi movimenti sulle dinamiche di integrazione europea.

Da questo punto di vista è importante notare come le crisi più recenti abbiano cambiato sia la retorica utilizzata da alcune di queste forze, sia le dinamiche all’interno dell’Unione Europea. Fino alla Brexit, le crisi erano state gestite a livello di Unione in maniera disunita: basti pensare all’imposizione dell’austerità sui paesi più vulnerabili durante la crisi finanziaria; o ai disaccordi nell’affrontare la crisi migratoria del 2015. La Brexit, una vera e propria crisi esistenziale dell’Unione, ha però segnato un cambio di passo: mentre il Regno Unito cercava il “divide et impera”, l’Unione è riuscita a essere unita e a condurre le negoziazioni come un blocco granitico, che anche sotto stress non ha mostrato alcuna crepa. La crisi pandemica ha poi creato un corto circuito ideologico nei movimenti sovranisti dei paesi più colpiti: dall’Europa, prima tanto villificata, si chiedeva e ci si aspettava aiuto.

a soluzione trovata, il recovery fund, è antitetica a qualunque pulsione sovranista giacché il supporto economico questa volta è elargito anche in forma di finanziamenti a fondo perduto, che cioè non devo essere ripagati dallo Stato beneficiario. In parole povere, questo significa la mutualizzazione del debito, così che i fondi elargiti all’Italia ricadono potenzialmente sul bilancio di altri paesi. E tale mutualizzazione è incompatibile con un’Europa che sia semplicemente un’associazione di Stati. E mentre la reazione alla crisi derivante dall’invasione dell’Ucraina è molto più variegata, dimostrando che non vi è in realtà unità di intenti nella politica estera dell’UE, si percepisce, almeno da parte degli stati economicamente più esposti, la ricerca di una soluzione europea alla crisi energetica.

La tentazione è quindi di pensare che i movimenti sovranisti facciano di necessità virtù e si trasformino in sovranisti “light”: più retorica che altro. Ma questo è vero solo in parte: intanto perché l’accettazione della mutualizzazione del debito e dell’accelerata sull’integrazione europea da esso derivante, non è così benvista dai movimenti sovranisti degli stati cosiddetti frugali: se le crisi recenti possono aver disinnescato in parte le pulsioni sovraniste in alcuni stati, in altri hanno agito da detonatore. Si deve poi riflettere anche sul modo in cui, a livello europeo, si stanno effettuando questi cambiamenti: il ruolo del Consiglio europeo e della mediazione intergovernativa ha infatti preso il sopravvento nella gestione di queste crisi. Ciò da una parte è sia naturale che necessario: il recovery fund costituisce un passo enorme nel processo di integrazione europea ed è quindi comprensibile che sia stato il Consiglio Europeo ad assumere un ruolo di guida. E occorre poi ricordare che dal punto di vista legale si è scelto di basare il recovery su tre strumenti distinti che consentissero il coinvolgimento di tutti i livelli di governance, inclusi i parlamenti nazionali, così da arginare le accuse di eccesso di competenza (vedi caso pendente di fronte alla Corte Costituzionale Tedesca) e mancanza di democraticità.

E tuttavia, questa dominanza del Consiglio Europeo, e della Commissione, ormai organo politico sotto panni tecnocratici, costituisce un passo indietro nel processo di integrazione “sovranazionale” – sono i governi nazionali ad essere alla guida riducendo sia l’influenza che il potere del Parlamento Europeo, come nella gestione del Recovery fund da cui quest’ultima istituzione è di fatto esclusa. Per quanto riguarda l’Italia poi, è ancora da vedere come si svilupperà la politica estera del nuovo Governo, e quale sarà l’impatto delle forti pulsioni sovraniste al suo interno. Da un lato, infatti, ci si attenderebbe un rapporto con l’Europa piuttosto conflittuale. Dall’altro, le ambizioni internazionali della Presidente Meloni, e la necessità del supporto europeo, indicano che questo conflitto sarà molto ridotto tranne che, forse, in materia di immigrazione dove ci sarà un’ancora maggiore asserzione della sovranità nazionale. È difficile prevedere come si coniugherà il sovranismo in tempi di crisi, ma sicuramente vi sarà una pulsione per assicurarsi che le decisioni internazionali, anche e soprattutto in Europa, ritornino nelle mani dei governi nazionali, a spese di una visione più integrata e federalista dell’Unione Europea.

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