Contro lo spreco alimentare scende in campo il non profit
OPINIONI |

Contro lo spreco alimentare scende in campo il non profit

TUTTI, DAI PRODUTTORI AI CONSUMATORI, PASSANDO PER LE AZIENDE DI TRASFORMAZIONE E DISTRIBUZIONE, CONTRIBUISCONO A SPRECARE IL CIBO. UN'EMERGENZA DALLA QUALE SI PUO' USCIRE ANCHE GRAZIE ALL'IMPEGNO DELLE IMPRESE SOCIALI

di Francesca Calo' e Benedetta De Pieri, entrambe fellow researcher presso il Cergas Bocconi

N egli ultimi anni un terzo della produzione mondiale di cibo finisce nella spazzatura a fronte di un’emergenza alimentare che coinvolge nel mondo oltre un miliardo di persone. Lo spreco di cibo avviene a diversi livelli, dalla produzione alla trasformazione, alla distribuzione, fino al consumo domestico. Ampi margini di miglioramento sono possibili lungo tutta la filiera nella gestione delle eccedenze alimentari  che sono potenzialmente recuperabili per essere ridistribuite alle fasce più deboli di popolazione. È proprio nel recupero e nella redistribuzione delle eccedenze che emerge il ruolo chiave delle organizzazioni non profit. La ricerca Foodsaving ha l’obiettivo di studiare le best practice in Lombardia e in altre regioni europee appartenenti al World region forum  e comparabili per situazione economica (Catalunya, Spagna; Baden Württemberg, Germania; Rhone-Alpes, Francia) nell’incontro tra profit, non profit e policy maker, adottando un approccio complesso che vede allo stesso tavolo partner universitari afferenti a discipline diverse, piccole e medie imprese e attori non profit (per il Cergas, capofila del progetto, partecipano, oltre agli autori, Giorgio Fiorentini, Elisa Ricciuti e Simone Baglioni).
La prima parte della ricerca si è focalizzata sulle buone pratiche presenti in Lombardia, effettuando interviste qualitative e raccogliendo dati relativi a 20 organizzazioni non profit e 20 organizzazioni for profit.
 
âžœ tre modelli d’intervento
Nell’ampio panorama del non profit operante in questo settore è possibile distinguere a livello funzionale fra tre grandi categorie: organizzazioni logistiche, front line e ibride. Le prime lavorano come intermediarie tra i donatori e le organizzazioni territoriali che distribuiscono ai beneficiari, come, per esempio, famiglie con difficoltà economiche. Si tratta di organizzazioni con un alto grado di formalizzazione dei processi di raccolta e distribuzione, una struttura organizzativa sviluppata e un network di contatti e partner esteso. Le aziende front line invece rappresentano la forma più tradizionale di ente caritativo, come per esempio le mense per le persone con difficoltà e i centri di distribuzione di pacchi. Si riforniscono principalmente tramite le organizzazioni logistiche, non sempre hanno contatti con aziende donatrici di alimenti e in alcune occasioni acquistano i prodotti alimentari direttamente sul mercato. Gli ibridi non sono chiaramente inseribili nelle due categorie precedenti: sono organizzazioni che si interfacciano direttamente con i beneficiari, presentando forme innovative di distribuzione, come i social market e gli empori di solidarietà, ma al contempo hanno buone capacità logistiche e di networking.
Dai dati raccolti emerge come la maggior parte di queste organizzazioni non abbia ricavi derivanti dalla propria attività, garantendo la propria continuità tramite donazioni private o contributi pubblici. Inoltre, anche se il tema di valutazione dell’impatto sembra avere una crescente importanza nel dibattito interno al mondo del non profit e dell’impresa sociale, la maggior parte delle organizzazioni intervistate front line e ibride non misurano il loro impatto, utilizzando per la propria autovalutazione prevalentemente strumenti qualitativi. Le organizzazioni logistiche invece utilizzano alcuni strumenti più complessi (come per esempio indicatori temporali), che tuttavia non sono sufficienti a valutare il loro effettivo impatto sociale. Infatti strumenti rigorosi e non autovalutativi a oggi in questo settore non sono presenti.
 
➜ il ruolo dei policy maker
Nelle interviste si è riscontrata, inoltre, una scarsa conoscenza delle politiche relative alle eccedenze alimentari e la richiesta soprattutto di migliori misure incentivanti dedicate particolarmente alle aziende donatrici.
Un primo tema importante emerso dalle interviste è dunque quello della mancata valutazione dell’impatto, che rappresenta un fattore chiave di sviluppo per queste organizzazioni, fattore che dovrà probabilmente essere allineato alla capacità di avere processi e strutture formalizzate, affiancate alla capacità di fare network con altre organizzazioni e coinvolgendo altri attori sul territorio. Tutto questo sarà possibile solo grazie all’intervento dei policy maker, che dovranno valutare con attenzione l’efficacia delle politiche da implementare.
 
 
 

Ultimi articoli Opinioni

Vai all'archivio
  • Il giusto equilibrio contro gli shock

    Assicurazione contro la disoccupazione o lavoro a tempo ridotto? Meglio tutelare i lavoratori o i posti di lavoro? La risposta puo' essere la complementarita' dei sistemi

  • La fuga degli onesti

    I migranti tendono a essere piu' onesti di chi rimane nei luoghi di origine. Luoghi che, di conseguenza, sono privati di capitale sociale, con effetti negativi sulla produttivita', sulla crescita e sulla qualita' delle istituzioni

  • Il limite della tossicita'

    Per un verso le piattaforme e i loro algoritmi sembrano assecondare la presenza di contenuti basati sull'odio o dannosi nei feed degli utenti; dall'altro, le piattaforme li hanno moderati fin dall'inizio, prima ancora delle multe. Forse la strategia redditizia per loro sta nel mezzo

Sfoglia la nostra rivista in formato digitale.

Sfoglia tutti i numeri di via Sarfatti 25

SFOGLIA LA RIVISTA

Eventi

Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30