Il terrorismo e la fine dello stato di diritto
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Il terrorismo e la fine dello stato di diritto

LE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI INASPRENDO LA LINEA GIURIDICA STANNO RINNEGANDO SE STESSE. MA L'ESTREMISMO SI COMBATTE CON UNA CONTROFFENSIVA CULTURALE. PAROLA DI GIURISTA

di Arianna Vedaschi, professore associato di Diritto costituzionale

Parigi, Sydney, Ottawa, Boston, senza dimenticare Baqa, la città nigeriana rasa al suolo (insieme ad altri 16 villaggi) da Boko Haram proprio nelle ore in cui il mondo assisteva alle azioni criminali dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly. Attentati che seguono ad altre azioni terroristiche, come a Madrid nel 2004 e a Londra nel 2005, e segnano un’era tragicamente inaugurata l’11 settembre 2001.
La risposta dei paesi occidentali è stata chiara sul piano giuridico. Un rapido sguardo da una prospettiva comparata è sufficiente per segnalare l’approccio securitario, che emerge dalla durezza di alcune delle misure di contrasto al terrorismo internazionale adottate dalle principali democrazie sotto la cosiddetta era 9/11. Basti ricordare le modifiche alle normative sulle modalità di arresto e fermo, l’estensione della durata della detenzione preventiva (per esempio in Gran Bretagna), le limitazioni delle possibilità di difesa degli indiziati (emblematica è l’inedita figura dello special advocate, introdotta in Canada), le procedure semplificate di espulsione degli stranieri, l’introduzione di nuove figure di reato ancillari a quella del terrorismo internazionale, come quelle legate al finanziamento, per non parlare poi degli omicidi mirati (commessi dagli Usa), delle sparizioni forzate (l’Extraordinary renditions program degli Usa, realizzato con la collaborazione di numerosi altri paesi), della detenzione in incommunicado (parte delle Ers), della tortura in outsourcing e, infine, delle prigioni segrete della Cia, che si aggiungono alle più note Guantanamo e Abu Ghraib. L’elenco potrebbe continuare con i programmi di sorveglianza di massa, come il Prism program, che immagazzina dati di Google, Apple e Facebook e che, peraltro, non è l’unico sistema di profilazione degli individui a scopi preventivi.

Da questo quadro emerge, in tutta chiarezza, che la reazione delle democrazie non è stata leggera né debole. Invero, senza una formale dichiarazione, i paesi occidentali hanno di fatto sospeso lo stato di diritto per fronteggiare l’emergenza creata dalla minaccia terroristica.
I fatti di Parigi dimostrano però che questo approccio securitario senza precedenti non è bastato a proteggere la società civile. Nonostante questa evidenza empirica, dopo l’attentato a Charlie Hebdo, i governi occidentali confermano, anzi inaspriscono, la linea giuridica perseguita sino ad ora. Al vaglio dei gabinetti dei principali paesi europei vi sono proposte, che con tutta probabilità diventeranno provvedimenti, concernenti il ritiro dei passaporti degli individui che rientrano dalla Siria o da altre zone calde (Iraq, Yemen, Nigeria), la chiusura di siti internet e l’espulsione facilitata di cittadini stranieri sospettati di terrorismo.
Posto che non è stato formalmente dichiarato nessuno stato di emergenza, davanti al quadro delle misure di contrasto al terrorismo già in forza o in fieri, viene da domandarsi se lo stato di diritto, sul quale le democrazie di tradizione liberale si fondano, esista ancora. L’inadeguatezza delle democrazie di fronte alla minaccia terroristica sembra averle spinte a rinnegare se stesse. La libertà si uccide per mano dei terroristi con le vili e barbare esecuzioni dei giornalisti di Charlie Hebdo, ma si uccide anche sacrificando la libertà di circolazione e il diritto alla privacy, controllando indiscriminatamente le persone con i programmi di sorveglianza di massa, girando lo sguardo davanti a Guantanamo e alla tortura in outsourcing.
La risposta all’ultimo tipo di terrorismo, che si è definito molecolare perché in apparenza non ha un comando centralizzato e strategico, ma piuttosto riferimenti ideali radicali, e che si caratterizza per un elevato tasso di spontaneismo, non può essere solo giuridica, ma deve essere soprattutto politica. Le democrazie occidentali devono attivare una potente e convinta controffensiva culturale, che va sviluppata insieme ai leader politici e religiosi dei paesi islamici e deve essere tesa a disarmare le menti dei terroristi. Si deve agire con misure di contrasto di ordine ideologico, mediatico e linguistico.
La democrazia piuttosto che esportata va praticata non abdicando alla rule of law.
 
 

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