Chi e' il pubblico ministero europeo
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Chi e' il pubblico ministero europeo

IN CHE COSA CONSISTONO LE PROPOSTE CONTENUTE NELLA RELAZIONE SUL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA E LA LOTTA ALLA CRIMINALITA� SU BASE CONTINENTALE

di Eleonora Montani, professore a contratto di crimonologia presso il Dipartimento di studi giuridici

Pm europeo e squadre di investigazione comuni. Sono due delle iniziative proposte nella relazione sul semestre di presidenza italiana e la lotta alla criminalità su base europea ed extraeuropea, approvata dalla Commissione antimafia lo scorso 17 giugno.

Ma da dove viene l’idea del pubblico ministero europeo e quali funzioni svolgerà?
L'Ufficio del pm europeo è un ufficio di procura di dimensione europea competente a svolgere indagini penali per individuare, indagare e rinviare a giudizio, eventualmente in collegamento con Europol, gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione.
Secondo la proposta, la competenza della Procura sui reati a tutela del bilancio della Unione dovrebbe essere esclusiva: le autorità nazionali non sarebbero più competenti a trattare tali reati, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano transnazionali o puramente nazionali.
Oltre a frode, corruzione e riciclaggio coinvolgenti fondi facenti parte del bilancio comunitario, si occuperebbe di appropriazione indebita e frode in procedure d'appalto, sempre ovviamente coinvolgenti gli interessi dell'Unione. Non stiamo quindi parlando di una Superprocura Antimafia come su molti giornali si è letto.
La Procura eserciterà i suoi poteri senza limitazioni territoriali in tutta l'area degli stati membri che ne faranno parte (i singoli stati devono infatti disciplinare tale strumento). Al fine delle indagini della Procura, quindi, l'insieme dei territori degli stati che faranno parte della stessa sarà uno spazio giuridico unico, in cui non saranno necessarie richieste di assistenza giudiziaria né di mutuo riconoscimento delle decisioni.
Il progetto è ambizioso e prezioso: una procura europea che abbia poteri non solo di coordinamento ma anche di indagine è un punto di arrivo assolutamente indispensabile per contrastare fenomeni criminali la cui dimensione è ormai transnazionale. Tuttavia tale proposta non può che lasciare perplessi quando si riflette sulle politiche concrete adottate dall’Italia a livello europeo.
 Basti il riferimento alle “squadre investigative comuni”, la cui istituzione oggi si ribadisce come prioritaria. Non possiamo dimenticare infatti che la previsione dell’istituzione delle “squadre investigative comuni” trova la sua origine in un impegno assunto a Tampere nel 1999, cui seguiva la convenzione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale e la Decisione quadro del Consiglio d’Europa del giugno 2002 che gli stati membri avrebbero dovuto applicare entro il 1º gennaio 2003.

In estrema sintesi, la normativa prevede che al fine di condurre indagini penali che esigono un'azione coordinata e concertata negli stati membri, due o più stati membri possono costituire una di tali squadre. Tale strumento è ormai fatto acquisito nella prassi di polizia giudiziaria di molti paesi membri dell’Ue.
L’importanza della creazione di tali squadre comuni è evidente in quanto favorisce lo sviluppo di strategie investigative comuni relative al medesimo caso, implementa l’interscambio di informazioni e professionalità tra i vari componenti, evita il rischio di sovrapposizione delle investigazioni e velocizza le indagini. L’istituto, inoltre, consentirebbe di attingere ai finanziamenti europei che supportano questo tipo di operazioni, con un risparmio oggettivo delle spese connesse alla cooperazione internazionale, che gravano necessariamente o sul bilancio delle forze di polizia o su quello della Giustizia.
Ebbene, dei 28 membri dell’Ue solo due non hanno implementato le squadre investigative comuni: la Croazia e l’Italia.
Per combattere il crimine transnazionale gli stati dovrebbero essere disposti a rinunciare a ulteriori quote della loro sovranità nazionale proprio sul controllo dell’ordine pubblico e l’amministrazione della giustizia. E l’Italia - non avendo ancora introdotte norme per l’attuazione della disciplina delle squadre investigative comuni - ha già dimostrato di non volerlo fare.
 

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