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Vuoi comunicare? Segui le tracce in rete

CONOSCERE IL CONSUMATORE ANALIZZANDO IL SUO COMPORTAMENTO DIGITALE E' LA PRIMA FASE DELLA CUSTOMER RELATIONSHIP 2.0. CE LA FARANNO I MARKETING MANAGER A NON AFFOGARE NEI DATI?

di Paola Cillo ed Emanuela Prandelli, responsabile del corso di laurea in Economics and management of innovation and technology e professore associato del Dipartimento di management and technology

I consumatori sono da sempre alla ricerca di altri individui a loro simili, con i quali condividere giudizi e informazioni circa interessi o prodotti. La crescente diffusione dei social media ha moltiplicato la scala del fenomeno e ha consentito agli utenti web di sviluppare un’abitudine alla condivisione delle proprie esperienze. Questa tendenza alla socializzazione di ogni tipo di esperienza, da quelle di consumo a quelle personali, finisce con il generare un ammontare di informazioni senza precedenti teoricamente a disposizione delle aziende che desiderano conoscere in maniera onnicomprensiva i propri clienti. Posto che gli utenti in rete sono propensi a condividere contenuti e costruire insieme un tessuto informativo a trama sempre più fitta e complessamente intrecciata, si tratta per le imprese di capire come trovare il bandolo della matassa e trasformare queste informazioni in opportunità di apprendimento a 360° che consentano crescenti attività di personalizzazione delle comunicazioni rivolte ai singoli, fino a forme estreme di customizzazione.
È questa l’essenza del Crm, Customer relationship 2.0 o Social Crm, inteso quale filosofia e strategia di business volta a favorire una conoscenza approfondita degli utenti basata su strumenti di statistica inferenziale e pratiche di coinvolgimento attivo degli stessi attraverso piattaforme social. Secondo Gartner questo porterà, entro il 2020, a erogare attraverso i social media il 90% delle attività legate al customer service. I consumatori che hanno occasione di vivere esperienze positive di caring in contesti social da parte di un’azienda mostrano, del resto, una probabilità di raccomandare ai propri amici i prodotti della stessa azienda di quattro volte superiore rispetto alla media e spendono il 30% in più. Il risultato è un capitale scomposto di dati destrutturati, che si vanno via via sedimentando e prendendo forma senza poter essere cristallizzati in nessun casellario consolidato nell’ambito delle tradizionali ricerche di mercato.
 
Diviene quindi fondamentale non solo dotarsi di strumenti di social analytics, ma investire in risorse dedicate all’analisi dei report prodotti, alla condivisione selettiva degli stessi all’interno dell’azienda e al supporto nell’assunzione di decisioni e nel disegno di azioni e iniziative operative che possano in qualche modo tenerne conto. Per le aziende la sfida è quindi oggi nel capire non solo come catturare queste informazioni sempre più articolate e sviluppare efficaci modelli predittivi di comportamento basati sull’inferenza statistica, ma anche fino a che punto spingersi in questa conoscenza via via più intima del singolo utente, dove le possibilità di personalizzazione estrema di ogni comunicazione e proposizione di valore sconfinano in un concreto rischio di invasione della privacy.
 
Vodafone per esempio ha lanciato un progetto con l’idea di approfondire l’analisi dei singoli utenti andando al di là del profiling basato sulle modalità di utilizzo della singola sim, per spingersi a studiare le interazioni tra cluster di individui collegati tra di loro attraverso i servizi offerti proprio dall’operatore di telefonia. Questa operazione è stata svolta su 10 milioni di utenti e circa 15 milioni di sim e ciascuna community è in media costituita da circa 7 sim (non necessariamente Vodafone). L’aspetto più intrigante è nel poter scoprire e gestire il ruolo che ciascuno gioca all’interno di questo network. Ed è così che scopriamo chi sono i trendsetter, ossia quei consumatori che vogliono essere i primi ad avere il nuovo prodotto o ad adottare il nuovo servizio e che educano anche gli utenti meno tecnologici nella loro community. Ed è sempre grazie a questa analisi  che riusciamo a individuare chi sono i clienti che agiscono da ponte tra differenti community di utenti e che possono aiutare l’azienda a conoscere per via mediata o riflessa anche dei clienti potenziali.
Con questa esplosione di informazioni di ogni genere e forma la domanda che rimane ancora aperta è se i marketing manager riusciranno a sfidare la loro stessa immaginazione nel disegnare offerte e comunicazioni personalizzate in linea con le tracce lasciate da ciascuno di noi in rete.
 

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