OPINIONI |

Quando il team suona insieme

COME IN UN'ORCHESTRA, I GRUPPI MIGLIORI E PIÙ CREATIVI SONO COMPOSTI DA ELEMENTI ETEROGENEI. MA COME IN UN'ORCHESTRA SONO ANCHE QUELLI PIÙ A RISCHIO DI STONATURE E INSUCCESSI. IL DIRETTORE-COACH HA TRE PASSI PER ESEGUIRE UNA SINFONIA PERFETTA

di Gabriella Bagnato, lecturer Bocconi di organizzazione aziendale

L’evoluzione dei modelli organizzativi verso una maggiore flessibilità e velocità di risposta alle esigenze del mercato ha reso particolarmente critico il lavoro in team, diventato una vera a propria soluzione organizzativa dove gli obiettivi da raggiungere sono complessi.

La ricerca sui team e la pratica aziendale ha dimostrato come un gruppo ben strutturato riesca a conseguire un utilizzo più efficace ed efficiente delle risorse disponibili e a valorizzare e sviluppare le competenze di chi ne fa parte aumentando la qualità, la soddisfazione del cliente e l’innovazione di prodotto/processo.

Gabriella Bagnato

Il driver principale che spiega il successo del team è la sua eterogeneità ovvero la compresenza di persone che per esperienza, funzione di riferimento, età, ruoli organizzativi, cultura (…) sono diverse. La diversità si traduce in maggiore creatività e nella capacità di guardare ai problemi da più punti di vista oltre che di generare un maggior numero di alternative mediamente di qualità superiore a quelle generate dal singolo individuo. Il team eterogeneo ha un potenziale enorme da sviluppare sia a livello di qualità dell’output sia di apprendimento e motivazione delle persone che ne fanno parte. Con una cautela però: il team eterogeneo presenta una probabilità di fallimento molto elevata per gli stessi motivi che lo rendono una soluzione organizzativa ad alta “intensità di efficacia”.  La ricerca sul campo ha evidenziato infatti che i team eterogenei che finiscono nell’impasse mostrando elevati livelli di sfiducia, conflittualità, disimpegno e cinismo sono molti più numerosi dei team che arrivano a produrre soluzioni ad alto valore aggiunto, con un tasso medio di fallimento pari al 70%!

È essenziale quindi chiedersi che cosa consente al team eterogeneo di tradurre il proprio potenziale in azione e in prestazioni ad alto valore aggiunto oltre che in sviluppo del team e dei suoi membri. Anche qui la ricerca e la prassi e più nello specifico l’esperienza di team coaching di chi scrive mostrano come un approccio strutturato al lavoro in team condotto fin dai suoi primi passi, senza quindi aspettare che elementi di sfavore quali il conflitto, la sfiducia e il cinismo possano prendere piede, sia in grado di ridurre drasticamente la probabilità di fallimento.

In sintesi, tre sono i passi da percorrere per impostare correttamente il lavoro in team: 1) mappare i diversi punti di vista e approcci al lavoro dei membri del team comprendendo in che modo essi influenzano i comportamenti e gli atteggiamenti individuali e di relazione; 2) condividere, praticandole, modalità di comunicazione in grado di ridurre al minimo i fraintendimenti; 3) integrare le conoscenze e le esperienze dei vari membri del team in diagnosi e soluzioni più efficaci costruendo progressivamente nel tempo la percezione di efficacia del team stesso. La mappatura delle differenze consente di “vederle” e proprio per questo di gestirle alla luce di una aumentata consapevolezza della loro importanza. La possibilità di condividere modalità di comunicazione efficaci fa leva sull’ascolto reciproco e sulla consapevolezza dell’importanza del partire dall’interlocutore per comprendere e farsi comprendere con l’incremento di fiducia reciproca che ne consegue.

L’integrazione dei contributi consente di aumentare “l’intelligenza” complessiva del team, la qualità delle soluzioni proposte e dell’apprendimento al suo interno. Questi tre passi non possono prescindere da alcune pre-condizioni abilitanti: la fiducia che nasce dalla consapevolezza di lavorare con le persone che “ci devono essere” per competenza e interesse, la sponsorship del top management del team che è il primo a credere nel valore del gruppo e a praticarne i comportamenti virtuosi, la reale condivisione di regole e criteri di riferimento e la possibilità di portare nel team anche le emozioni, soprattutto quelle negative che devono avere un “linguaggio” considerato accettabile dal team, in cui esprimersi ed essere recepite e gestite.

 

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