Quantita' e impronta ecologica. Cosi' il pianeta sta morendo
OPINIONI |

Quantita' e impronta ecologica. Cosi' il pianeta sta morendo

IL NUMERO DI ABITANTI E I COMPORTAMENTI POCO SOSTENIBILI SONO LA CAUSA DELL'INNALZAMENTO DELLA TEMPERATURA. PERCHE' ALLORA NELL'ACCORDO SUL CLIMA LA PAROLA POPOLAZIONE NON C'E'?

di Letizia Mencarini, professore associato di demografia

Gli scienziati dell’IIntergovernmental Panel on Climate Change non hanno dubbi che per oltre il 95% l’innalzamento della temperatura media degli ultimi decenni sia provocato dall’aumento dell’effetto serra (cioè l’amplificazione dell’effetto termico dell’irraggiamento solare) causato dall’immissione crescente nell’atmosfera di C02 e di altri gas conseguenti all’uso dei combustibili fossili e altre attività di origine antropogenica. L’aumento delle emissioni dipende, quindi, essenzialmente da due fattori: il crescente numero degli abitanti del pianeta e la crescente impronta ecologica di ogni abitante, conseguente a livelli di consumo di beni – e quindi, in ultima analisi, di energia – più elevati. 

Eppure se leggiamo l’Accordo di Parigi sul clima del dicembre 2015, la parola popolazione non è mai menzionata. Perché? Il motivo sta, forse, nel mancato consenso tra paesi sviluppati e i paesi in via di sviluppo su cosa sia complessivamente peggiore per l’ambiente tra la sovrappopolazione delle aree più povere del pianeta o, invece, gli stili di vita e i consumi energetici non ecologicamente sostenibili delle aree più ricche. Paesi come gli Stati Uniti (come la maggior parte dei paesi europei) hanno un’impronta ecologica fortemente negativa (consumano più di quanto la biocapacità del loro territorio consentirebbe) grazie ad importazioni di beni, di cibo e di energia. Un modello insostenibile a livello planetario. Per il momento le emissioni complessive sono maggiori nei paesi sviluppati, ma a breve, anche con un livello molto minore di consumi pro-capite, i paesi poveri potrebbero, proprio a causa della forte crescita della popolazione, superarli.

All’attuale popolazione mondiale di 7,4 miliardi di persone, nonostante i tassi di accrescimento siano in diminuzione, prima del 2050 si aggiungeranno oltre 2 miliardi di individui, il 98% nei paesi in via di sviluppo, proprio nelle aree già fragili dal punto di vista ambientale, quali quelle africane. Non stupisce, quindi, che il governo dell’Etiopia abbia incluso nelle sue politiche contro l’esaurimento delle risorse dei terreni, già impoveriti dalla siccità, l’accesso al controllo volontario delle nascite per ridurre le gravidanze indesiderate e controllare la propria impronta ecologica.

La scienza ormai ha messo a punto tecnologie che rendono possibile uno sviluppo sostenibile, ma il tasso di introduzione delle energie pulite non riesce al momento a tenere il passo con il tasso di crescita della popolazione e la presenza di più persone per il pianeta implica, per adesso necessariamente, più consumi di energie non rinnovabili e altamente inquinanti. Per questo l’Accordo di Parigi prevede un impegno differenziato e più forte per quei paesi sviluppati che consumano l’80% delle risorse mondiali e più basso per il resto dell’umanità che condivide l’altro 20%, con l’erogazione da parte dei paesi di più vecchia industrializzazione (e che più hanno contribuito al progressivo inquinamento) di cento miliardi all’anno (dal 2020) per promuovere in tutto il mondo le tecnologie a basso impatto ambientale e l’economia verde.

Il dibattito tra catastrofisti neo-malthusiani e inguaribili ottimisti è più che mai vivo. Ricordarsi che viviamo tutti nello stesso pianeta, sempre più caldo, sempre più affollato e sempre meno vario nella sua flora e nella fauna, dovrebbe spingerci ad adottare consapevolmente consumi e stili di vita favorevoli alla sopravvivenza individuale, del pianeta e anche della futura umanità. Resta da chiedersi perché ciò non avvenga. Perché, per esempio, in tutto il mondo maggiori possibilità di acquisto hanno significato in media l’adozione di una dieta progressivamente sempre più carnivora e più calorica? Con grande danno alla salute individuale (si pensi all’obesità), ma anche all’ambiente – dato che un consumatore quotidiano di carne bovina, solo per la scelta della quantità e qualità del suo apporto proteico, ha emissioni di CO2 più che doppie di quelle di un vegetariano.
 
 

Ultimi articoli Opinioni

Vai all'archivio
  • Lavori da amare, non da cui scappare

    Stiamo assistendo a una trasformazione epocale del lavoro. Dobbiamo cogliere l'occasione per progettare lavori che siano belli per le persone e produttivi per le imprese e le comunita'. E per farlo, servono gli strumenti del management

  • Cosa ci ha insegnato la Pandemia sulla riduzione della poverta'

    Diversi sono gli insegnamenti che ci ha lasciato il recente passato e che non possono essere ignorati in futuro. Negli Usa, dal Child Tax Credit alla necessita' di considerare gli effetti cumulative e non solo puntali della poverta'

  • Che impatto ha avuto il #MeToo

    Guardando al dato delle denunce tardive, raddoppiate tra il 2010 e il 2020 in diverse citta' americane, e mettendolo in relazione con il numero delle denunce dirette emerge un doppio risultato positivo del movimento che ha portato in piazza milioni di donne

Sfoglia la nostra rivista in formato digitale.

Sfoglia tutti i numeri di via Sarfatti 25

SFOGLIA LA RIVISTA

Eventi

Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31