A Sydney, dove il lavoro non si mangia la vita
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A Sydney, dove il lavoro non si mangia la vita

SURF, TRAIL RUNNING E BUSHWALKING PER COMINCIARE LA GIORNATA. L'ESPERIENZA DI VITA E LAVORO DI ANASTASIA DI CARLO, ALUMNA BOCCONI DA DUE ANNI IN AUSTRALIA

In posizione unica su una baia mozzafiato, Sydney è una delle città più belle e vivibili del mondo. Dopo due anni qui e altri sei vissuti all’estero posso confermarlo! Con il suo clima caldo e piacevole, una splendida costa che alterna parchi naturali a oltre 120 spiagge, ma soprattutto l’accoglienza dei Sydneysiders, è facile farsi conquistare dal suo fascino. Chi si trasferisce qui trova una società cosmopolita e accogliente, e la voglia di investire in un Paese che offre ancora opportunità.
Neppure un episodio sconvolgente come l’attacco di dicembre a Martin Place è riuscito a mettere in discussione la natura inclusiva della società australiana. La reazione è stata composta e dignitosa. Nelle ore dell’assedio la popolazione ha dimostrato cooperazione e disciplina e in quelle successive è stata impressionante la solidarietà.
A metà strada tra le spiagge e il cuore finanziario, faccio a meno dell’auto senza sentirne la mancanza, anche perché nelle rare occasioni in cui è indispensabile utilizzo facilmente i servizi di carsharing.
La vita comincia molto presto la mattina, spesso con un’attività sportiva. Dal surf alla corsa, dalla bici allo yoga, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. È qui che ho iniziato a dedicarmi al trail running e al bushwalking. Quella che inizialmente consideravo una “levataccia” è diventata presto una sana abitudine che mi permette di vivere appieno quello che la città ha da offrire. È dallo sport, oltre che dal lavoro, che deriva gran parte delle occasioni di socializzazione.
Gli australiani che ho incontrato hanno in comune una genuina curiosità e interesse per l’Europa e per la nostra cultura, sono persone trasparenti e dirette, con un profondo rispetto ed etica. Il lavoro viene preso molto sul serio, ma si cerca di circoscriverlo ai suoi orari, per lasciare spazi adeguati alla vita personale, in nome di uno stile di vita più equilibrato. Il pranzo in genere è breve e durante l’orario di lavoro si è efficienti e produttivi, ma quando si finisce c’è ancora tempo per sé.
Non stupisce dunque che l’Australia sia una delle mete preferite dei giovani italiani in cerca di lavoro all’estero. Nel 2013, con 22.000 visti rilasciati a nostri connazionali (16.000 tra i 18 e i 30 anni) è stato battuto un record che reggeva dal 1950 e i primi dati sul 2014 suggeriscono un ulteriore incremento.
Eppure è un paese al quale è saggio non avvicinarsi impreparati, soprattutto se da ‘turisti’ si vuole diventare ‘residenti’. Meglio iniziare a pianificare il proprio trasferimento per tempo, creare contatti prima di arrivare e avere chiaro l’obiettivo da raggiungere.
Il mercato del lavoro è competitivo, ma offre valide opportunità di sviluppo professionale e le regole consentono all’aspirante expat di ragionare su un arco temporale più lungo rispetto agli Stati Uniti. Il modo più comune per avvicinarsi è il working holiday visa, della durata di 12 mesi rinnovabile per altri 12 a certe condizioni e riservato a chi ha meno di 31 anni. Possono seguire una sponsorhip – ovvero la permanenza per richiesta esplicita di un’impresa – e la permanent residency, ultimo passaggio prima di ottenere la cittadinanza.
Perché il percorso si compia il trasferimento in Australia deve però essere adeguatamente preparato. Chi ha un profilo / esperienza specifica è avvantaggiato, ma ci sono possibilità per tutti e il bagaglio europeo è spesso valorizzato.
E poi ci vuole orecchio: l’inglese parlato dagli australiani non ha solo un accento peculiare, ma anche uno ‘slang’ specifico – se vi danno appuntamento per questo arvo presentatevi nel pomeriggio!
 

di Anastasia Di Carlo

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