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Gli studenti Emit all'esame della startup

ALFONSO GAMBARDELLA HA CHIESTO DI REALIZZARE UN BUSINESS PLAN COME PARTE DELL'ESAME DI TECHNOLOGY AND INNOVATION STRATEGY II. CON RISULTATI CHE SONO ANDATI AL DI LA� DELLE ATTESE

Antonio Lo Re e Stefano Chiappo hanno ideato un trolley “smart” rintracciabile dal proprietario grazie a Gps, identificazione a radiofrequenza, codice a barre e connessione Internet. Laura De Luca e Giuseppe Trovato hanno elaborato l’idea di una camicia fabbricata con una fibra che elimina la sudorazione, prodotta unendo tecnologia Nasa e stile italiano. Elisa Gabellieri e Alvise Montini hanno immaginato un sistema connesso alla rete wi-fi casalinga che controlla e ottimizza i consumi energetici, abbinando il concetto di automazione a quello di smart grid. Non sono progetti messi in cantiere da startupper, ma i risultati di una prova d’esame assegnata agli studenti alla fine della prima parte del corso di Technology and Innovation Strategy II, nell’ambito del Master of Science in Economics and Management of Innovation and Technology (Emit).

“Il master tratta anche di attività legate all’imprenditorialità tecnologica”, spiega Alfonso Gambardella, il docente che ha concepito l’esame. “Mi è sembrato naturale affidare agli studenti la preparazione di cinque pagine su un’idea imprenditoriale. Per un corso orientato a strategy e technology lo trovo più fruttuoso di un esame tradizionale”. Agli studenti è stato chiesto di concepire un’idea di business innovativo e di svilupparla approfondendo motivazione, strategia e organizzazione. Creatività, doti analitiche, capacità di risolvere i problemi e trovare implicazioni pratiche dei concetti studiati hanno giocato un ruolo fondamentale. “Non si trattava solo di produrre un documento”, spiega Gambardella. “Gli studenti dovevano forgiarlo sui contenuti delle lezioni, rispondendo alle questioni sollevate durante il corso. Conoscevano fin dal principio la modalità dell’esame. Nel trattare gli argomenti ho perciò sottolineato i dilemmi che avrebbero dovuto affrontare”. I lavori sono stati prodotti da singoli o al massimo da coppie, “perché la comunicazione alimenta le idee, ma più cresce il numero di partecipanti al gruppo, più cala la concentrazione sull’obiettivo. E perché nella realtà progetti di questo tipo sono elaborati da un numero limitato di soggetti”.

Technology and Innovation Strategy Module II è un corso tripartito. Dopo la prima parte, che è durata un mese e mezzo, gli studenti hanno avuto dieci giorni per produrre i documenti. “I risultati” assicura Gambardella “hanno superato ogni aspettativa in termini di carica imprenditoriale, innovativa e creativa. Ho riscontrato qualità, entusiasmo, impegno”. Tra le idee sviluppate ci sono un sistema di consegna a domicilio per piccoli e medi produttori gestito da un algoritmo pensato da Andrea D’Antonio e Simone Giuseppe Dedda. “È stato un esercizio interessante, una vera sfida rispetto agli esami tradizionali”, dice Tudor Carstoiu, il cui progetto mira a sfruttare i salici per produrre energia elettrica e carburante biologico in Romania. “Molti noi hanno dovuto mettere in pratica per la prima volta la teoria insegnata in aula. I nostri sforzi sono stati ripagati”.

“Quando si parla d’imprenditorialità e creatività” commenta Gambardella “bisogna dare ai giovani un certo grado di sicurezza. L’esame ha offerto un’indicazione molto interessante in questo senso. Per utilizzare a dovere il capitale umano che abbiamo a disposizione dobbiamo concedere lo spazio necessario perché si sprigionino idee innovative. La parola chiave è incoraggiamento. In principio gli studenti erano titubanti, pieni di dubbi. Incoraggiarli è stato fondamentale per far scattare il meccanismo che ha permesso loro di produrre buoni lavori”. L’esame ha reso famigliare agli studenti la massima di Thomas Edison secondo cui il genio è per l’1% ispirazione e per il 99% traspirazione. È un aforisma ancora valido dopo tutti questi anni. Ma l’ultima parte potrebbe cambiare abbinando tecnologia Nasa e stile italiano.



di Claudio Todesco

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