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L'importanza di essere Mika

DI FRONTE A UNA PLATEA DI STUDENTI DELLA BOCCONI, IL CANTANTE RIPERCORRE LE TAPPE FONDAMENTALI DELLA SUA CARRIERA E L'APPROCCIO CON IL MARKETING E LA PROMOZIONE DELLA SUA IMMAGINE

Una lezione di marketing che ha tratto forza dal racconto della sua vita e della sua carriera professionale. Per ribadire un concetto: promuovere la propria immagine di artista non solo attraverso la musica non significa prostituirsi. Questo ha voluto sottolineare Michael Holbrook Penniman, in arte Mika, cantante internazionale, giudice di X Factor in Italia e coach di The Voice in Francia, di fronte a una platea di studenti dei corsi Acme e della classe in inglese di marketing management, ieri sera durante un incontro in Bocconi. L’evento era focalizzato “sul rapporto tra celebrità e pubblico e sugli aspetti etici del marketing”, ha spiegato Andrea Rurale, il docente Bocconi che lo ha organizzato e che ha moderato il dibattito.

Mika
(foto Paolo Ferrarini e
Carola Trematerra)

Agli studenti Mika ha raccontato dei propri esordi, della propria incapacità di leggere la musica a causa della dislessia, del suo approccio difficile ma ottimista al mondo della musica e alle scuole di canto londinesi. E scavando nella considerazione della sua immagine di artista, Mika racconta di Carolina, una prostituta incontrata per caso a Miami, “una donna sulla cinquantina che lavorava all’angolo di strada dal quale passavo ogni notte”. Dopo gli anni a Londra, infatti, Mika si era trasferito in Florida. Lì frequentava uno studio di registrazione per incidere i primi demo. In cambio dell’affitto dello studio, lui e l’amica con la quale lavorava alle canzoni prestavano le proprie voci per registrare musica latina. “Carolina mi affascinava per la sua grande forza d’animo”, racconta Mika. “In fondo noi e lei facevamo lo stesso mestiere: noi prostituivamo le nostre voci per avere a disposizione lo studio e per uscire dall’oscurità. La differenza era che io ero all’inizio del mio viaggio, mentre lei, chiaramente, alla fine del suo”. L’incontro con la prostituta di Miami dà forza a Mika, tanto che l’artista torna a Londra agguerrito: “Sono rientrato pronto alla battaglia con un senso di sfacciata sicurezza in me stesso. Questa energia mi ha portato a scrivere Love Today, ha dato spinta alla mia ambizione di ottenere un contratto discografico e a proporre la mia personalità così com’è”.

A distanza di qualche anno dai primi successi, Mika oggi guarda con occhio maturo al rapporto col marketing. “Per molti anni ho rinunciato a ogni associazione con qualche brand e ad ogni apparizione in tv che non fosse legata alla promozione di uno specifico single”, racconta. “Pensavo che questa strategia purista mi avrebbe preservato agli occhi del pubblico e dei media e mi avrebbe dato maggiore credibilità. Ma mi sbagliavo”.  Il cantante, infatti, si rende conto che il rischio di questo approccio è di vedere comunque manipolata la propria immagine.

E sul mercato discografico, non manca di sottolineare quanto l’investimento delle major tenda ormai a focalizzarsi su poche grandi star, allargando il marketing a livello globale. “Io sono la somma di tutti i miei mercati”, spiega. “Dipendo dalle vendite e i passaggi radiofonici in giro per tutto il mondo”. E poi si sofferma sulle attività che ha sviluppato parallelamente alla musica. Il cantante ha infatti fondato una società con la sorella Yasmine, attraverso la quale si occupa di abbigliamento e accessori, marketing e design (collabora con la Swatch e con la Chambers Gallery di New York). Inoltre, racconta di come concepisca l’aver investito, nell’ultimo anno, la propria immagine anche nei format X Factor e The Voice. “Sono tutte attività che non considero un modo di prostituirsi, ma un modo per far conoscere ulteriormente la mia musica”, torna a dire Mika. E citando nuovamente Carolina, conclude: “Il coraggio che quella donna simboleggiava per me è trasceso in qualcosa di veramente positivo nella mia vita di oggi. Questo è il motivo per il quale voglio dedicare questa lezione a lei: coraggio, sfacciataggine, consumo, creatività, popolare, credibile. Tutti termini che possono e dovrebbero coesistere”.

 



di Andrea Celauro

Foto The golden boy

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