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Luigi Spaventa: il coraggio di ricominciare

NELLA GIORNATA IN MEMORIA DELL'ECONOMISTA, VIA SARFATTI 25 RIPUBBLICA L'EDITORIALE SCRITTO DA FRANCESCO GIAVAZZI E MARCO PAGANO PER IL NUMERO DI SETTEMBRE

Luigi Spaventa ha svolto un ruolo unico e insostituibile nel dibattito economico in Italia dall’inizio degli anni ‘70 alla sua scomparsa nel gennaio scorso. La sua unicità era dovuta alla rara capacità di far appassionare ai dibattiti concreti della politica economica, senza mai dimenticare che questi dibattiti rischiano di essere vuoti, o perlomeno deboli, se non sono saldamente ancorati alla teoria e all’evidenza empirica.

Spaventa era in grado di farlo perché mai perse la curiosità e mai smise di studiare. Resosi conto molto presto che i suoi studi sraffiani (dopo la laurea a Roma aveva studiato a Cambridge, in Gran Bretagna, negli anni ‘60) stavano finendo su un binario morto, ebbe il coraggio di ricominciare. Si mise a studiare la matematica delle aspettative razionali, poi i problemi econometrici dell’identificazione, poi ancora l’applicazione della teoria dei giochi alla politica economica. Ciò che lo rendeva unico era il fatto che, solo fra gli economisti della sua generazione, non si limitava a orecchiare le novità: la sera “faceva gli esercizi”. È questo il motivo per cui Spaventa è stato l’unico anello di congiunzione fra due generazioni di economisti: quelli che avevano studiato in Gran Bretagna negli anni ‘60 e poi avevano partecipato ai primi dibattiti sulla politica economica negli anni ‘70, e coloro che avevano studiato negli Stati Uniti e si affacciarono ai problemi della politica economica un decennio più tardi.

Nei dibattiti di politica economica Spaventa portava un contributo di enorme fascino: una comprensione dei problemi basata su intuizioni fulminanti e intrisa di una conoscenza diretta e incredibilmente dettagliata dei dati e dei fatti rilevanti per le questioni sul tappeto, e al tempo stesso un interesse intenso per i dibattiti aperti nella ricerca su quelle stesse questioni, anche apparentemente astratte. Un aspetto non secondario era lo stile delle sue discussioni: la passione e l’eleganza con cui costruiva le sue argomentazioni, il rispetto con cui era disposto ad ascoltare quelle degli altri, non disgiunto dall’ironia a volte sferzante di fronte a ragionamenti deboli o contraddetti dai dati. Come Franco Modigliani c’era una sola cosa che lo faceva arrabbiare: la stupidità, qualità più diffusa di quanto spesso non si creda.

Dell’Italia e della nostra politica economica incominciò a occuparsi negli anni ‘70, un decennio sul quale tornò dieci anni dopo con un saggio importante: Italy: the real effects of inflation and disinflation, pubblicato su Economic Policy nel 1989. Negli stessi anni (1988-89) presiedette, su incarico del ministro del Tesoro Giuliano Amato, il Comitato scientifico consultivo sul debito pubblico, il cui rapporto pose il problema di come strutturare il nostro debito – per durata e tipologia dei titoli emessi – in modo da prepararci all’ingresso nell’Unione monetaria. Fu ministro del Bilancio nel governo di Carlo Azeglio Ciampi (1992-93) e nel breve arco di un anno chiuse la Cassa per il Mezzogiorno. Alla luce dei ripetuti fallimenti dei tentativi di abolire le provincie o chiudere qualche tribunale, quello di Spaventa appare oggi un risultato quasi incredibile.

Le sue riflessioni sulle responsabilità intellettuali degli economisti nella crisi finanziaria hanno unito la capacità di sgombrare il campo da critiche ingiustificate con il riconoscimento dei gravi limiti dei modelli comunemente accettati dagli economisti e dei danni che essi hanno causato nella gestione della politica economica e nella regolamentazione finanziaria (rileggere Economists and economics: What does the crisis tell us?, www.Vox-eu, 2009).

Scoppiata la crisi nell’area dell’euro fu forse il primo (almeno un anno e mezzo prima che Martin Wolf ne scrivesse sul Financial Times) a individuarne l’origine non nella politica fiscale interna dei paesi della periferia, bensì nell’eccesso di indebitamento estero reso possibile dall’integrazione finanziaria e nella concomitante miopia della vigilanza bancaria (si veda Why the current account may matter in a monetary union: Lessons from the financial crisis in the Euro area, Cepr Discussion Paper n. 8008, 2010).

Nel suo ruolo di presidente di Mts spa, Mercato telematico dei titoli di stato, la società che gestisce la maggiore piattaforma di intermediazione del debito pubblico italiano e una delle maggiori in Europa, Luigi ha lanciato un programma internazionale di ricerca sul funzionamento dei mercati dei titoli a reddito fisso e ha reso disponibile ai ricercatori di tutto il mondo i dati prodotti dalla piattaforma telematica di Mts.

Luigi Spaventa è stato un “maestro”. La lucidità e indipendenza del suo sguardo, la sua ironia, la sua singolare capacità di combinare passione e distacco, la sua eleganza ci mancheranno. Spesso in questi mesi ci siamo chiesti che cosa avrebbe scritto in merito al dibattito sugli effetti dell’“austerità”: avrebbe chiesto dettagli sui dati, sulle tecniche econometriche e alla fine, scevro di preconcetti, avrebbe accettato i risultati dell’evidenza empirica.

 



di Francesco Giavazzi e Marco Pagano, professore di economia politica alla Bocconi e professore di politica economica all'Univerista' di Napoli

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