OPINIONI |

Pagamenti: tre modi per rendere gli enti puntuali

SEMPLIFICAZIONE, ALLENTAMENTO DEL PATTO DI STABILITÀ E RIEQUILIBRIO DEL BILANCIO SONO INDISPENSABILI PER CRESCERE

di Mariafrancesca Sicilia e Ileana Steccolini, entrambe SDA professor di public management and policy, Steccolini e' professore associato di economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche alla Bocconi

I tempi medi di pagamento delle amministrazioni pubbliche, in Italia, hanno raggiunto e superato i 6 mesi, con punte ancora più elevate nel settore sanitario e nelle regioni del Sud (793 giorni in Calabria, 755 giorni in Molise, 661 giorni in Campania). Il decreto legislativo 192/ 2012, che impone la scadenza dei 30 giorni per i pagamenti delle p.a. (estendibile a 60 per asl, ospedali e imprese pubbliche), è stato pensato come una possibile risposta a tale situazione e più in generale alla necessità di far ripartire la crescita del paese, rimettendo risorse finanziarie a disposizione del settore privato (il cumulo di debiti della p.a. verso le imprese rappresenta il 5% del pil). 

Mariafrancesca Sicilia (in alto)
e Ileana Steccolini

Se il principio di fondo è condivisibile,  ci si chiede però se questa previsione normativa possa incidere effettivamente sulla situazione attuale oppure rappresenti un palliativo, che, lungi da risolvere le cause della crisi, vada a colpirne solo alcuni sintomi.

Innanzitutto, non è una novità. Già il decreto legislativo 231/2002 imponeva regole simili e i dati sui ritardi nei pagamenti mostrano la sua disapplicazione nei fatti. Inoltre, la norma mira a imporre comportamenti desiderabili, ma che nei fatti risulteranno scarsamente realizzabili, oggi probabilmente  ancor più che dieci anni fa. E questo per almeno tre ordini di motivi. Il primo è la lentezza delle procedure di erogazione della spesa. Il secondo riguarda i vincoli di finanza pubblica, in particolare il Patto di stabilità interno, che incidono fortemente sui comportamenti di pagamento degli enti pubblici. In alcuni casi estremi, enti con buone disponibilità finanziarie non possono effettuare i pagamenti per non peggiorare i propri “saldi” rilevanti ai fini del rispetto del patto. Il terzo è la concreta situazione finanziaria in cui si trovano le amministrazioni debitrici.

La nuova norma sui pagamenti sembra ignorare tali condizioni di contesto e fa trasparire una visione al contempo deterministica e diffidente delle amministrazioni pubbliche, descritte come macchine burocratiche che recepiscono e si adattano agli stimoli, ma che non sono in grado di attivarsi per assumere un ruolo da protagoniste nel rilancio e nella crescita dell'economia.  

Servirebbe quindi ripensare l'approccio del legislatore nel senso di una valorizzazione da un lato dell'autonomia e responsabilità aziendale e dall'altro del ruolo che le p.a. possono avere come motore dell'economia. È sicuramente riduttivo pensare che questo ruolo consista nel pagare in tempo (sebbene sia un aspetto importante).

Come si fa a porre le p.a. nella posizione sia di pagare in tempo che di svolgere un ruolo attivo nella crescita?

Nell’immediato, in tre modi: con un ulteriore investimento in semplificazione amministrativa; con l’allentamento dei vincoli del patto di stabilità, in particolare per quegli enti in cui i vincoli sono più severi rispetto alle effettive capacità di bilancio; attraverso l’accompagnamento degli enti in difficoltà finanziaria con interventi di riequilibrio di bilancio, di razionalizzazione della spesa, anche grazie al rafforzamento dei controlli interni a supporto del miglioramento gestionale.

In una prospettiva di medio/lungo termine, invece, bisogna rendere le amministrazioni pubbliche protagoniste nel rilancio e nella crescita. Sicuramente c’è bisogno di una spinta creativa che può venire da un lato dalle ristrettezze e dai vincoli, ma anche dal riconoscimento che gli enti pubblici hanno bisogno di autonomia, fiducia e spazi di azione per svolgere un ruolo attivo nel ricostruire la competitività del paese, anche utilizzando in senso costruttivo e creativo alcune ridondanze (in termini di competenze, capacità, risorse finanziarie, patrimonio) per pensare, negoziare, progettare alleanze e partnership in grado di sostenere il rilancio dell’economia.

 

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