La Bulgaria: a meta' tra Occidente e Oriente
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La Bulgaria: a meta' tra Occidente e Oriente

ALLA SCOPERTA DI UN PAESE DALLA STORIA TRAVAGLIATA CHE OGGI CRESCE AL 4% E HA I CONTI A POSTO. MA CHE MANTIENE ANCORA I SALARI TRA I PIU' BASSI D'EUROPA.

Quando si pensa ai Balcani raramente il ricordo va alla Bulgaria. Terra antica dove si sono insediati tanti popoli, dai Traci agli Slavi e ai Bulgari. Un popolo questo che nasce dalla confluenza di tribù slave con popoli migrati dall’Asia Centrale. Terra di dominazione greca e romana come testimoniano i numerosi reperti archeologici sparsi in molte zone del Paese. Terra anche di monasteri ortodossi, dalle icone e affreschi che sfidano il tempo, veri centri di valori spirituali creati dal popolo.

Dopo essere entrata a far parte dell’Impero Romano d’Oriente, la Bulgaria nel quattordicesimo secolo cade sotto il “giogo ottomano” tanto che sarà solo con l’aiuto della Russia che nel 1878 diventerà uno stato veramente indipendente. Con questa chiave storica si può, allora, capire come il suo rapporto con il mondo occidentale sia ambivalente. Da un lato, filo occidentale perché è nella Nato dal 2000 e nell’Unione Europea dal 2007, dall’altro, vicina alla Russia alla quale la lega un antico sentimento popolare di gratitudine per averla liberata dal giogo ottomano, sebbene abbia subito poi nel dopoguerra la dittatura comunista di stampo sovietico. Non si contano nel Paese segni di questo rapporto speciale con i Russi a cominciare dalla cattedrale di Sofia intitolata al santo russo Alexander Nevskij. Ora incombe una minaccia che si ripresenta con i recenti moti di piazza, volti ad adottare modelli islamici, nel distretto macedone. Quindi un paese dell’area Occidentale ma in bilico, vicino a Mosca e preoccupato delle mire espansionistiche islamiche.

L’Occidente ha però vinto sul piano dei modelli di vita della popolazione. Basta passeggiare per la zona pedonale del centro di Sofia o viaggiare nelle zone turistiche del Mar Nero per accorgersene. Dai negozi dei marchi famosi, dalle linee architettoniche splendenti nella loro essenzialità, alla platea di banchetti che vendono paccottiglie nelle zone del Mar Nero invase dal turismo locale. Interessante notare le insegne di negozi, di bar e ristoranti dove l’inglese, ma anche l’italiano stanno cominciando ad erodere il dominio dell’alfabeto cirillico, che permane invece indisturbato nel metrò, mentre nella segnaletica stradale è tradotto in alfabeto latino.

La popolazione è concentrata nelle città: a Sofia risiedono oltre due milioni di abitanti e un paio di centri ne sfiorano i 300 mila. Tra questi Plovdiv, capitale della cultura nel 2019, circondata da bellezze naturali, che ospita un bellissimo teatro romano. Nelle periferie dominano i soliti alveari abitativi stile sovietico che stridono con il paesaggio e con l’architettura circostante.

Viaggiando su strade abbastanza comode, si scorgono vaste estese di verde, tanta coltura di soia e girasoli, in linea con la politica agricola europea. In alcune zone vicine al Danubio e nella valle della Tracia predomina la vite e il vino è un vanto dei Bulgari. Il piemontese Miroglio è uno dei principali produttori. Si notano anche fabbriche, retaggio del regime comunista, molte chiuse e altre, rinnovate, tuttora in attività. Molte di queste operano nei settori dell’abbigliamento e delle calzature, lavorando con aziende italiane, che affidano loro parte della produzione, non solo per i minori costi della manodopera, ma anche per la consolidata e qualificata capacità produttiva. L’Italia mantiene un rapporto previlegiato con la Bulgaria dalla quale, oltre al traffico di “perfezionamento passivo”, importa principalmente materie prime, dai prodotti metallurgici a quelli agricoli.

Osservando i dati economici del Paese, si nota che il PIL è in aumento (4% l’anno scorso) e che i conti pubblici sono a posto (Debito Pubblico sul PIL intorno al 40%), indice di una politica fiscale virtuosa. La tassazione è contenuta (Flat Tax al 10%). Il problema sta nel livello di vita che è tra i più bassi in Europa, così come i salari. Un paese che si muove certamente, ma la strada da compiere non sembra breve. 

di Giorgio Brunetti, professore emerito della Bocconi

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