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Nedo Fiano, la testimonianza come necessità

SOPRAVVISSUTO AD AUSCHWITZ, NEI PRIMI ANNI ’90 HA COMINCIATO A RACCONTARE LA SUA ESPERIENZA FINO A MERITARE L’AMBROGINO D’ORO. SI è LAUREATO ALLA BOCCONI A 43 ANNI

Quando è venuto alla Bocconi, mercoledì 25 marzo, per testimoniare la sua esperienza di sopravvissuto ad Auschwitz, per Nedo Fiano si è trattatodi un ritorno. Classe 1925, Fiano, nato in una famiglia ebraica fiorentina, si è laureato in lingue alla Bocconi nel 1968.

Nedo Fiano

Il suo libro

Espulso da scuola a 13 anni all’emanazione delle leggi razziali, Fiano fu arrestato nel febbraio del 1944 e deportato ad Auschwitz, dove giunse a maggio. Subito selezionato per il campo di sterminio, e non per quello di lavoro, si salvò grazie alla conoscenza del tedesco, che gli aveva insegnato il nonno, morto nel 1936. Quando un sergente maggiore delle SS chiese agli ebrei schierati chi parlasse il tedesco, racconta Fiano in A5405. Il coraggio di vivere, il libro del 2003 in cui racconta la sua vita ad Auschwitz, si sentì come spinto alle spalle dal nonno e rispose di parlarlo. Fu assegnato a un kommando che accoglieva al campo i deportati di tutta Europa e vide arrivare al campo anche sua nonna. Liberato nell’aprile 1945 dagli americani a Buchenwald, dove era stato trasferito dai tedeschi in fuga, Fiano pesava 37 chili e aveva perso tutta la famiglia.

Gli studi alla Bocconi, dal 1963 al 1968, sono stati intrapresi per adempiere a una promessa fatta alla madre. “Ho studiato mentre lavoravo, frequentando perciò molto poco”, afferma oggi, “e quando comparivo in università gli altri studenti, di 20 anni più giovani di me, facevano spazio per farmi passare, credendomi un professore”.

In quegli anni Fiano non aveva un’immagine pubblica. Si è assunto l’incarico di raccontare la Shoah e i campi di sterminio solo all’inizio degli anni ’90, quando ha cominciato un’attività di testimonianza in giro per l’Italia che l’ha portato, da allora a oggi, a partecipare a 842 incontri. “All’inizio degli anni ’90 non è accaduto nulla, nella vita pubblica o nella mia vita privata, che associ all’avvio di questa attività”, racconta Fiano.“È che la vita non ha un andamento lineare. C’è un barometro naturale che suggerisce a ciascuno, da un giorno all’altro, di scrivere poesie, o mettersi a cantare. Io mi sono convinto che si debba parlare della Shoah, nella speranza di suscitare nelle giovani generazioni una reazione che impedisca la sua ripetizione. E poi mi sono sentito come un viaggiatore che sente di avere l’ultima possibilità di prendere un treno che, altrimenti, non passerà più”. Tale, assidua attività di divulgazione gli è valsa, nel 2008, l’Ambrogino d’oro, mentre una decina di anni prima era stato consulente di Roberto Benigni per il film La vita è bella.

Fiano attribuisce al razzismo di stato - la dottrina prima nazista e poi fascista della razza - la gran parte della responsabilità della persecuzione degli ebrei. “Quando furono emanate le leggi razziali”, ragiona, “il regime fascista aveva già inculcato nella popolazione un modo di pensare e di obbedire che, all’inizio, convinse anche parecchi ebrei. Mio padre aderì al Partito fascista, nessuno prevedeva come sarebbe andata a finire. Non posso stupirmi più di tanto, perciò, dell’atteggiamento dei miei compagni di classe, che non esitarono a emarginarmi, per la paura dei genitori e delle autorità. Mi rattrista, invece, il fatto che nessuno di loro sia venuto a cercarmi in seguito”.

Fiano, d’altra parte, preferisce raccontare che spiegare l’orrore che ha vissuto. “Non cerco di capire i comportamenti degli aguzzini, perché temo che ne risulterebbe una parziale giustificazione. Mi rendo solo conto che movimenti come quello nazista, quello sovietico o quello fascista, sorgono in momenti di grande crisi, quando la gente sente il bisogno del miracolo in terra, e temo che i nostri tempi condividano questa caratteristica con la Germania di Weimar o l’Italia degli anni ‘20”.

Dopo una decina d’anni di testimonianza solo orale e il primo libro autobiografico, Fiano torna sulla realtà della Shoah con un romanzo, Il passato ritorna (Editrice Monti, 2009, 192 pagine, 16 euro), che riflette i modi asciutti della sua esposizione orale. Costruito per giustapposizione di quadri che lasciano poco spazio all’emotività pur nella narrazione di una vicenda drammatica, racconta della scelta di una coppia di ebrei torinesi, allo scoppio della guerra, di affidare il proprio bambino in fasce a un amico che vive in Svizzera e della agnizione che ne segue, 55 anni più tardi.

LEGGI la cronaca della testimonianza di Fiano alla Bocconi



di Fabio Todesco

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