Il gioco che crea appartenenza
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Il gioco che crea appartenenza

L'ALUMNA MICHAELA CARBONI HA PORTATO IN ITALIA UN APPROCCIO FORMATIVO ISRAELIANO CHE, ATTRAVERSO IL GIOCO, INVITA A ESCOGITARE NUOVE SOLUZIONI ASSUMENDO DIVERSI PUNTI DI VISTA

Il dualismo insegnate-allievo è sovvertito, la valutazione e il giudizio sono superati, la componente cognitiva è quasi completamente sostituita da quella emotiva, almeno in un primo momento. Su questi tre postulati nasce l’esperienza di apprendimento teorizzata e divulgata da Points of You, la società israeliana attiva nel settore della formazione e dello sviluppo della cui divisione italiana Michaela M. Carboni è partner e co-fondatrice, insieme al country leader Marcello Boccardo. Laureata nel 1995 in Economia aziendale in Bocconi, con una tesi sul marketing strategico, l’alumna ha individuato in tale metodo, basato sulla maieutica, una nuova sfida nell’ambito della formazione e del coaching. Quattro sono le fasi che costituiscono questo approccio: “pause”, che significa prendere le distanze dal loop di pensieri, “expand”, intesa come osservazione di una nuova prospettiva, “focus”, in cui si individuano le intuizioni più rilevanti, “doing”, con cui si definisce un piano d’azione concreto. Il tutto è condito da una fortissima componente creativa che, grazie allo strumento del gioco, The Coaching Game, invita formatori, manager, coach e counselor a modificare il proprio modo di pensare in virtù del cambiamento, dell’espansione e della crescita.

“Negli adulti, l’esperienza ludica risveglia la dimensione fanciullesca, favorendo la leggerezza intellettuale e lo scambio, così da permettere agli individui di liberarsi da ogni tipo di schema precostituito”, racconta Carboni. “Prendendo le distanze dalla comfort zone dell’abitudine, si riescono a scoprire nuovi interessanti punti di vista che possono portare alla soluzione di una determinata criticità o allo sviluppo di nuovi talenti”.
Il gioco si basa su 65 carte che abbinano un’immagine a un concetto scritto e consentono, attraverso una personale e libera interpretazione delle stesse, di analizzare le proprie competenze o le dinamiche che si incontrano nella quotidianità lavorativa, per individuare nuove soluzioni. “La formazione di tipo attivo-emotiva, basata sulla discussione, permette agli individui di raggiungere una maggiore consapevolezza personale e aprire la mente a intuizioni inedite, incrementando la capacità di elaborare informazioni e prendere decisioni in maniera veloce e sicura: il binomio immagine-parola consente, infatti, di generare un “corto circuito” in grado di fornire maggiore consapevolezza riguardo a ciò che si sta vivendo, così da riuscire a rafforzare la propria intelligenza emotiva”.

L’esperienza fluida e concreta del lavoro di gruppo, determinata da un approccio all’apprendimento non tradizionale, permette ai partecipanti di sviluppare un senso di appartenenza, che spesso viene a mancare nello stile di vita contemporaneo: tale coinvolgimento, unito alla dimensione creativa e all’assenza di giudizio, offre l’opportunità di prendere confidenza con inaspettati ambiti di sviluppo del pensiero e, quindi, di azione.
 

di Ilaria De Bartolomeis

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