OPINIONI |

La rivoluzione (economica) silenziosa (e troppo spesso incompiuta) dell'altra meta' del paradiso

L'IMPRENDITRICE TEDESCA, LA MANAGER AMERICANA MA ANCHE LE LAUREATE FRANCESI E LE LAVORATRCI ITALIANE: STORIE AL FEMMINILE DELLA DISUGUAGLIANZA

di Paola Profeta, professore associato di scienza della finanze presso il Dipartimento di analisi istituzionale e management pubblico della Bocconi

Di questo libro di Avivah Wittenberg Cox e Alison Maitland mi è piaciuto subito il titolo: Why women mean business tradotto efficacemente in italiano Rivoluzione Womenomics. E il sottotitolo: Understanding the emergence of our next economic revolution (Perché le donne sono il motore dell’economia). Il volume ha il merito di mettere al centro dell’attenzione tre parole chiave: donne, rivoluzione, economia. Tre parole che riaprono il dibattito sul tema dell’uguaglianza di genere e dei suoi effetti benefici per l’economia, la società e l’intero sistema.

L’ingresso delle donne nel mondo del lavoro ha rappresentato uno dei cambiamenti principali del XX secolo. Le donne sono diventate protagoniste della propria identità, che hanno cominciato a costruire da sole, a partire dalle scelte di istruzione. L’enorme portata che questo cambiamento nel ruolo delle donne ha sulla vita di uomini, donne, bambini, lo rende una rivoluzione. Silenziosa, secondo la definizione di Claudia Goldin, ma anche incompiuta. Soprattutto in Italia, dove, anche se le donne hanno superato gli uomini nell’istruzione, il tasso di occupazione femminile (15 - 64 anni) è fermo al 46,1%, penultimo in Europa seguito solo da Malta, e il lavoro di cura e quello domestico gravano ancora pesantemente sulle donne. Un Paese, il nostro, che spende solo l’1,36% del pil in politiche familiari e in cui le istituzioni a favore della conciliazione sono carenti. Con il risultato che anche la fecondità è crollata e stenta a risalire.
 
Se poi consideriamo la presenza femminile al vertice, l’attesa di parità tra uomini e donne non è solo italiana. Anche negli Usa sticky floor e glass ceiling, gli ostacoli alle carriere femminili, possono arrivare in dotazione alle donne manager insieme alla scrivania, come suggerisce una vignetta del libro. In Germania scopriamo che la giovane imprenditrice tedesca Annika vive come un’eccezione la sua volontà di conciliare casa, figli e lavoro. Nonostante i passi avanti compiuti dalla legge sui congedi parentali e l’incremento dei servizi all’infanzia, gli ostacoli per le donne lavoratrici tedesche restano seri. Con la conseguenza che più del 40% delle laureate non ha figli. Più avanti è invece la Francia, dove non solo metà delle laureate delle grandes écoles è donna, ma le ex alunne hanno anche più figli della media nazionale pur lavorando quasi tutte a tempo pieno per l’intero arco della carriera.
 
E veniamo alla terza parola chiave, economia, che rappresenta la forza più attuale e prorompente della rivoluzione. Uguaglianza di genere non significa più soltanto diritti ed equità tra uomini e donne nell’accesso al mondo del lavoro, nello sviluppo della carriera e nelle remunerazioni. Si tratta invece di un buon investimento per le nostre economie. Avere più donne occupate significa aumentare il pil, innescare un processo virtuoso di crescita economica, migliorare il benessere delle famiglie. Le donne sono anche un serbatoio enorme di consumi, un nuovo spazio di mercato. Uguali talenti tra uomini e donne, uguale istruzione, uguale produttività, maggiori consumi: se partiamo dalla consapevolezza di questi risultati, non possiamo non accorgerci che recuperare lo spreco di talenti femminili in atto in molti Paesi è una delle sfide più importanti.

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