OPINIONI |

Rimpianto calcolato, investitore salvato

LO DIMOSTRA UN ESPERIMENTO PUBBLICATO SULLA RIVISTA SCIENTIFICA MANAGEMENT SCIENCE

di Alessandra Cillo, assistant professor presso il Dipartimento di scienze delle decisioni della Bocconi

I processi alla base di ogni tipo di decisione, in particolar modo quelle finanziarie, sono estremamente complessi. Raramente le decisioni sono influenzate solo dalla ragione. La paura, l’ansia, il rimpianto, sono solo alcune delle emozioni che entrano in gioco quando siamo chiamati a fare scelte importanti. Le scelte sono il frutto di valutazioni sia economiche che emotive: questo spiega perché la decisione non sia spesso quella ottimale, o meglio, quella che solidi modelli economici avrebbero previsto. Basta osservare la crisi attuale del mercato finanziario: probabilmente non si sarebbe verificata se gli investitori avessero agito da agenti razionali, seguendo un protocollo da manuale. Numerose sono le evidenze che suggeriscono che le decisioni sono influenzate anche dalle emozioni. Un fenomeno spesso osservato nel mondo finanziario è questo: gli investitori sono riluttanti a realizzare perdite mentre sono desiderosi di realizzare guadagni. In teoria, non ci sarebbe nulla di sbagliato e atipico se non fosse che questo porta a trattenere un’azione più del necessario quando il suo valore sta scendendo a picco (con la speranza che prima o poi risalga) e, viceversa, a venderla subito quando questa è magari destinata a salire.

Diversi studi hanno cercato di sviluppare modelli decisionali in grado di catturare tale fenomeno. La teoria del rimpianto è uno di questi. Sviluppata negli anni Ottanta, tale teoria sostiene che la scelta di un’alternativa piuttosto che un’altra scaturisca dalla minimizzazione del rimpianto di aver fatto la scelta sbagliata. Tralasciando considerazioni di tipo più filosofico, ossia se sia corretto o meno giudicare come razionale chi fa dipendere le scelte anche da componenti emotive, esiste un dato di fatto: la maggior parte dell’evidenza empirica dimostra che le emozioni svolgono un ruolo principale nei processi decisionali. Una domanda, di taglio più pratico, che sarebbe dunque lecito porsi sarebbe la seguente: dato che le emozioni hanno un ruolo chiave, riusciamo a quantificarle? In altri termini, riusciamo a misurare quanto le emozioni influiscano sulle decisioni? Sebbene non sia compito facile, e/o addirittura non intuitivo, riuscire a misurare qualcosa di astratto come le emozioni, è altrettanto importante provare a farlo visto che sono parte fondamentale dei processi decisionali e, in alcuni casi, fin troppo, a tal punto da essere nocive per i decisori stessi. In un recente articolo, A Quantitative Measurement of Regret Theory, pubblicato su Management Science, con due colleghi, Han Bleichrodt, dell’Erasmus School of Economics, ed Enrico Diecidue, dell’Insead, siamo riusciti a misurare gli effetti di una importante emozione, il rimpianto appunto. Lo studio propone una metodologia, raccoglie e analizza dati provenienti da esperimenti effettuati su studenti di economia.
 
La teoria del rimpianto riesce a giustificare atteggiamenti che violano la transitività (se preferisco A a B, e B a C, allora preferisco A a C). Investitori che violano la transitività sono maggiormente esposti a money pumps: dinamiche che sottraggono denaro al decisore, pur non migliorando la sua situazione (lasciandolo nella situazione iniziale). Di conseguenza, una metodologia che consente di misurare il rimpianto, consente di informare gli investitori dei rischi che corrono basandosi su scelte fortemente influenzate da quest’ ultimo.

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