Azionisti americani e' ora di votare
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Azionisti americani e' ora di votare

COME PER I CONTRATTI DI REMUNERAZIONE DEI DIRIGENTI, NEGLI STATI UNITI ANDREBBE INTRODOTTO IL VOTO ASSEMBLEARE OBBLIGATORIO ANCHE PER FUSIONI E ACQUISIZIONI. UNO STUDIO DIMOSTRA INFATTI CHE LE SOCIETA' STATUNITENSI FAREBBERO COSI' MENO ACQUISIZIONI CHE DISTRUGGONO VALORE AZIONARIO E I PROPRI AZIONISTI SUBIREBBERO MENO PERDITE

di Stefano Rossi, ordinario presso il Dipartimento di finanza

Gli azionisti delle imprese statunitensi hanno perso miliardi di dollari in acquisizioni da essi mai approvate. Un esempio prominente è accaduto il 24 aprile 2019, quando Occidental Petroleum ingaggiò una guerra di offerte con la più grande Chevron per l’acquisizione di Anadarko Petroleum. L’AD di Occidental strutturò l’offerta interamente in contanti e fu così in grado di aggirare l’approvazione da parte dell’assemblea degli azionisti, che avrebbe dovuto avere luogo nel caso in cui Occidental avesse emesso nuove azioni. Nel mese successivo all’annuncio, il valore delle azioni di Occidental diminuì del 20% relativamente all’indice S&P500.
Questo esito non era inevitabile. Infatti, nel Regno Unito non sarebbe successo. Il motivo è che nel Regno Unito i regolamenti delle imprese quotate impongono che nelle acquisizioni di imprese grandi gli azionisti dell’acquirente abbiano sempre voce in capitolo e che il loro voto è vincolante. Se Occidental Petroleum fosse stata quotata alla London Stock Exchange, i suoi azionisti avrebbero votato sulla proposta di acquisire Anadarko, e molto probabilmente avrebbero bocciato tale proposta. È tempo che anche gli azionisti statunitensi abbiano voce in capitolo su fusioni e acquisizioni?

Il dibattito sull’introduzione di un voto obbligatorio su fusioni e acquisizioni dura da decenni nelle law schools americane. Tutti gli accademici giuridici che hanno preso parte a questo dibattito sono d’accordo sulla premessa che fusioni e acquisizioni possono costituire una potenziale fonte di perdite per gli azionisti dell’acquirente, e citano la letteratura rilevante. Ciononostante, a questo punto la letteratura giuridica si divide in due gruppi: un gruppo sostiene che il voto assembleare è una potenziale soluzione al problema (per esempio, Coffee, 1984; Black, 1989; Black e Kraakman, 2002). Un secondo gruppo sostiene invece che il voto imporrebbe costi sostanziosi e benefici limitati (Dent, 1986 e Afsharipour, 2012), e propone soluzioni alternative. Tali soluzioni dipendono sul dare alle corti il potere di agire per prevenire acquisizioni il cui annuncio causerebbe un “declino materiale” del prezzo delle azioni dell’acquirente. Un’altra proposta comporterebbe l’emissione da parte dell’acquirente di opzioni ai propri azionisti, fino al 20% delle azioni in circolazione, che conferiscono il diritto (ma non l’obbligo) di rivendere le azioni alla società acquirente per un corrispettivo in contante a un prezzo determinato prima dell’annuncio dell’acquisizione. Molti giuristi statunitensi rigettano l’idea di introdurre il voto obbligatorio come “politicamente irrealizzabile” perché la corte suprema del Delaware ha una lunga storia nel privare gli azionisti dell’acquirente del diritto di voto, e perché il diritto commerciale statunitense privilegia le prerogative manageriali e direttive su quelle assembleari.

In un articolo recentemente pubblicato sul Journal of Applied Corporate Finance (con M. Becht e A. Polo) interveniamo in questo dibattito con i nostri dati e la nostra identificazione empirica. Una comparazione transatlantica di fusioni e acquisizioni indica che se gli azionisti americani avessero modo di dire la propria con votazione assembleare, le società statunitensi farebbero meno acquisizioni che distruggono valore azionario e i propri azionisti subirebbero meno perdite. Troviamo anche una differenza significativa nel Regno Unito in cui le grandi acquisizioni che sono soggette a voto obbligatorio generano rendimenti superiori rispetto a quelle che non lo sono. Concludiamo che i tempi sono maturi per una riforma della corporate governance statunitense. Gli Stati Uniti hanno già introdotto il voto obbligatorio sui contratti di remunerazione dei dirigenti; sosteniamo che sia tempo di introdurlo anche per fusioni e acquisizioni.
 

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