Covid19/ Perche' si possono restringere le liberta' fondamentali
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Covid19/ Perche' si possono restringere le liberta' fondamentali

ORESTE POLLICINO, COSTITUZIONALISTA DELLA BOCCONI, SPIEGA LE CONDIZIONI GIURIDICHE ALLA BASE DELLE LIMITAZIONI E DEL TRACCIAMENTO DEI CONTAGIATI. E AVVERTE SUI PERICOLI DA EVITARE PER NON SVUOTARE IL DNA DEL NOSTRO ORDINAMENTO EUROPEO

di Oreste Pollicino, Professore ordinario di Diritto costituzionale italiano e europeo della Bocconi

La missione fondamentale del costituzionalismo è reagire agli abusi di potere. La nostra Costituzione del 1948, come quella tedesca di un anno più giovane, sono pensate infatti per reagire alle violazioni macroscopiche del nucleo essenziale dei diritti fondamentali ad opera del nazi-fascismo e per porre solide basi su cui diritti fondamentali possano, nel futuro, essere tutelati e garantiti. Tanto nel momento della fisiologia del sistema, quanto in quello della patologia dello stesso. Ed è difficile nella nostra storia repubblicana pensare a qualcosa, in tutti i sensi, di più patologico rispetto alla pandemia in atto.

Un’emergenza che consente, ed anzi impone limitazioni anche invasive alle libertà fondamentali, senza però svuotarne il contenuto essenziale, il nucleo duro. Si pensi alla questione legata alle limitazioni significative alla privacy determinate dal possibile (in realtà già effettuato in Lombardia) tracciamento dei nostri spostamenti. Limitazioni che potrebbero essere assai utili per riannodare la catena epidemiologica del virus e, dunque, poter apprestare una reazione più efficace e mirata allo stesso. 

La domanda che tutti si pongono in questo momento è: fino a dove può spingersi tale tracciamento perché non sia in conflitto con il quadro normativo di riferimento? Ed il quadro normativo rilevante, prima ancora che costituzionale interno, è quello europeo. 

In questo scenario più ampio non c’è  bisogno, come hanno fatto in tanti, di tirare immediatamente  in ballo il Regolamento Generale sulla Protezione Dati (GDPR), ma è sufficiente iniziare a concentrarsi sui  (diritti) fondamentali. Si sta pensando al Bill of Rights dell’Unione. Da una parte, infatti, l’art. 8 della Carta di Nizza costituzionalizza il diritto alla protezione dei propri dati personali quale uno dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’art. 52 della stessa Carta ci dice che tali diritti, tra cui ovviamente la privacy, non sono assoluti, ma possono essere limitati per realizzare finalità di interesse generale (e quella in discussione lo è più che mai) a patto che si tratti di misure proporzionate e non si intacchi il contenuto essenziale di questi diritti.

Con questo in mente, per rispondere alla domanda posta in precedenza bisogna distinguere due passaggi concettali. 

In primo luogo: cosa è fattibile tecnologicamente per poter realizzare nel modo più chirurgico possibile quella mappa del contagio di cui tanto si parla.

In secondo luogo: cosa è giuridicamente consentito, ad un ordinamento che come il nostro, che a differenza della Cina, di Singapore e della pure democratica Corea, deve muoversi nell’alveo del costituzionalismo europeo?

Quanto alla prima domanda, la tecnologia in questione può permettere di monitorare e intrecciare tramite sistemi di Big Data analytics diverse informazioni attinenti alla vita quotidiana e personale degli utenti con il supporto di operatori quali telco o istituti finanziari. Il risultato è una mappa quasi chirurgica del virus e dei suoi vettori sul territorio che prescinde dal numero di infetti in un determinato comune o altri dati di natura non capillare. 

La seconda domanda. Questo risultato, ammesso che sia davvero efficace, vista la mancanza al momento degli strumenti diagnostici e curativi, a cominciare dai tamponi e dalle strutture di terapia intensiva, sarebbe compatibile con il quadro europeo di riferimento? 

La risposta può essere positiva solo a patto che si rispettino alcune condizioni che non sono state rispettate in esperienze in cui la privacy non è, come in Europa, un diritto fondamentale.

I dati devono essere anonimizzati, non ci deve essere alcun modo di procedere a tecniche di de-anomizzazione per risalire alle identità dei soggetti tracciati

I dati cosi raccolti devono essere conservati soltanto per il tempo strettamente necessario allo svolgimento di operazioni di tracciamento anonimizzato e non possono essere nel modo più assoluto impiegati per altri fini 

Il consenso è necessario? No perchè in questo caso il GDPR prevede che, anche in casi come questi, in cui i dati sono assai sensibili, il consenso stesso non sia necessario se il “trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona fisica”. E direi che rientriamo in questo caso.

Non basta però, serve una base giuridica specifica che preveda tutto il corredo di garanzie necessarie, a cominciare da proporzionalità, adeguatezza, e temporaneità delle misure in  questione. La norma che si invoca spesso, quella contenuta nel decreto legge n. 14 del 2020 che prevede la possibilità, proprio in ragione dell’emergenza sanitaria, di comunicazioni dei dati a soggetti diversi rispetto a quelli identificati dal  GDPR non è assolutamente sufficiente, e non consente assolutamente un’autorizzazione illimitata al tracciamento prima ipotizzato in assenza di una specifica base giuridica, al momento mancante.

In altre parole, si possono certamente restringere, come tutti stiamo sperimentando, le libertà fondamentali nella stagione dell’emergenza. Ma tali restrizioni, specialmente per quei diritti che, come la privacy, affondano le loro radici nell’humus del costituzionalismo europeo, non possono portare ad uno svuotamento del nucleo essenziale del diritto in gioco, perché in questo modo sarebbe calpestato non solo quest’ultimo, ma anche il DNA del nostro ordinamento europeo. 

Le costituzioni e le carte dei diritti fondamentali si scrivono, come si diceva in apertura, per reagire ad abusi di potere del passato. È vero, ma anche perché i diritti “ritrovati” non siano più radicalmente lesi, in avvenire, nei momenti più bui. 

E questo è un momento estremamente buio in cui l’attenzione alle lesioni irreversibili dei nostri diritti deve essere massima.

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