Regole da rivedere se l'algoritmo sostituisce il creativo
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Regole da rivedere se l'algoritmo sostituisce il creativo

NEL MERCATO DELLA PUBBLICITA' ONLINE, CHE SI BASA SU MECCANISMI D'ASTA, CI SONO INTERVENTI PIU' EFFICACI DI MULTE E DIVIETI PER ARGINARE IL POTERE DEI GRANDI OPERATORI

di Francesco Decarolis, associate professor presso il Dipartimento di economia

Negli ultimi mesi, le autorità antitrust di tutto il mondo hanno concentrato la loro attenzione sulle imprese hi-tech, ma i mercati digitali sono in rapida evoluzione e non è facile capire se e come l’intervento pubblico possa risolvere i possibili fallimenti del mercato. Per i cosiddetti Faang (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google), la vendita di spazi pubblicitari online è tra le principali fonti di ricavi. La situazione di Google è emblematica: nel 2018, la pubblicità ha rappresentato l'85% del suo fatturato annuo, pari a 136,22 miliardi di dollari.  Questo vasto importo è tuttavia la somma di milioni di piccole o piccolissime transazioni: il motore di ricerca assegna infatti parte dello spazio disponibile sulla pagina web a slot pubblicitari e determina i pagamenti degli inserzionisti tramite aste condotte in tempo reale (sponsored search auctions). Il valore di queste aste è dato sia dall’enorme flusso di traffico online (solo su Google avvengono circa 63.000 ricerche al secondo), sia dalla targetizzazione del messaggio pubblicitario (selezionando specifiche parole chiave sul motore di ricerca e scegliendo alcuni dettagli dell’offerta come le fasce orarie e il tipo di device su cui apparire).
Nuovi player si sono affacciati su questo ricco mercato negli ultimi anni. Intermediari specializzati - l'equivalente digitale delle agenzie di marketing – sono emersi per supportare ed indirizzare gli inserzionisti nelle loro attività. Questi intermediari possono coadiuvare l’inserzionista nella selezione del messaggio pubblicitario e nella scelta dei social media dove proporlo, ma svolgono soprattutto una funzione tecnica: con decine di piattaforme diverse e miliardi di utenti connessi, scegliere come allocare il budget pubblicitario attraverso offerta (spesso in tempo reale) richiede tecnologie adeguate con algoritmi rapidi e sofisticati, alimentati da big data.
Ecco quindi spiegato perché il mondo della pubblicità online sta passando dalle mani dei creativi a quelle di chi programma gli algoritmi. Ed è proprio negli algoritmi che si nasconde uno degli aspetti potenzialmente più dirompenti di questi intermediari rispetto allo strapotere di Google e delle altre piattaforme: quando lo stesso intermediario rappresenta contemporaneamente più inserzionisti nella stessa asta, la concentrazione del potere di acquisto bilancia il potere contrattuale del venditore e tramite il coordinamento delle offerte verso prezzi più bassi impedisce al motore di ricerca di appropriarsi dell’intero surplus.
In uno studio con Goldmanis e Penta in uscita su Management Science, mostriamo questo problema sotto un profilo teorico, spiegando anche perché lo specifico meccanismo d’asta di recente adottato da Facebook sia meno vulnerabile alla coordinazione dei prezzi rispetto a quello adottato da Google. Ma questo fenomeno dell'offerta coordinata è una semplice curiosità teorica o è qualcosa che influenza veramente le aste online? In un nuovo studio con Rovigatti, attraverso l’analisi di quasi 40 milioni di aste di Google nel mercato USA tra il 2014 e il 2017, troviamo un aumento della concentrazione degli intermediari pari a 200 punti dell’Herfindahl-Hirschman (Hhi) - la soglia tipicamente utilizzata per identificare le fusioni su cui porre l’attenzione delle autorità antitrust – che porta a una diminuzione dei ricavi dell'8,04% dovuta in primo luogo al calo del prezzo delle parole chiave scelte.

Questi risultati suggeriscono una terza via nella politica di concorrenza tra i due estremi polari del non fare nulla e dell’intervenire attivamente per multare e, addirittura, spezzare i giganti della tecnologia. Questa alternativa si basa su una comprensione dettagliata del funzionamento di mercati complessi, con l'obiettivo di monitorare ed eventualmente bloccare le azioni specifiche che operatori come Google stanno intraprendendo per limitare la capacità degli intermediari di abbassare i prezzi.

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