Cosa c'e' dietro la candidatura a patrimonio dell'Unesco
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Cosa c'e' dietro la candidatura a patrimonio dell'Unesco

L'OBIETTIVO E' VINCERE MA LA PREPARAZIONE DEL DOSSIER PER LA PROMOZIONE DI UN TERRITORIO, COME QUELLO DEL PROSECCO, E' UN PROCESSO CHE CONTINUA ANCHE DOPO AVER OTTENUTO IL RICONOSCIMENTO

di Severino Salvemini, ordinario presso il Dipartimento di management e tecnologia

La recente occasione di riconoscimento da parte dell’Unesco del territorio di Conegliano-Valdobbiadene come sito paesaggistico patrimonio dell’Umanità ci stimola a fare qualche riflessione sul processo di candidatura di un contesto geografico a tale riconoscimento e sulla ricaduta che tale processo ha sulla società locale.
Innanzitutto la redazione di un dossier di candidatura, al quale la Bocconi ha partecipato attivamente attraverso una ricerca condotta da me e da Gabriele Troilo, è un documento molto esteso dal punto di vista pluridisciplinare e consente una riflessione sistematica sulla storia e sulle tradizioni che hanno portato quel distretto geografico fino ai nostri giorni. È quindi un’occasione importante, e quasi unica, per osservare la dinamica della zona interessata da molte angolature (sociale, economica, ambientale, paesaggistica, culturale) e per fare riflettere le nuove generazioni locali su quanto è stato fatto dalle generazioni precedenti e sulle necessità di non fare evaporare l’identità e la memoria dei loro avi.
L’iter di riconoscimento del patrimonio consente poi di fare il punto sugli accadimenti che caratterizzano l’attività economica locale e quali differenze identificano la stessa rispetto alle recenti dinamiche della globalizzazione (nel caso della produzione vitivinicola del Prosecco docg si trattava di approfondire come la globalizzazione sul piano della commercializzazione e della distribuzione avesse modificato le normali pratiche in vigore nel distretto fino a poche decadi scorse) e riflettere sulla sostenibilità ambientale della cultura agricola. Il risultato di tutto ciò è la maggiore possibilità di conciliare i punti di forza del localismo con la potenza della globalizzazione ed evitare pertanto la inerziale standardizzazione del gusto e dei fenomeni sociali, come spesso si ritrovano nei contesti più provinciali.
Collegata al punto precedente, è poi la messa in moto dei fenomeni di modernizzazione. Le discussioni che inevitabilmente innesca la preparazione di un dossier tra i numerosi e variegati portatori di interesse locali aiuta ad anticipare aspetti di trasformazione culturale del territorio e di possibili cambiamenti migliorativi.

Inoltre, consente al territorio di darsi una disciplina di pianificazione di lungo termine su cosa voglia essere la zona geografica nelle prossime decadi. Il dossier è quindi lo stimolo per impostare un progetto indispensabile per le prossime generazioni. Ciò obbliga a confrontarsi con le altre zone geografiche similari, cercando di replicare le best practices ed evitare gli errori. Nel caso del distretto del Prosecco, ciò ha voluto dire un confronto con la zona delle Langhe e del Monferrato e con la zona della Borgogna del Pinot noir.
Infine, la candidatura non va vista solo come un traguardo, bensì come un processo. Cosa che forse è la più importante dal punto di vista filosofico. È ovvio che l’obiettivo è quello di vincere il riconoscimento e di poter appuntare tale stelletta sulla mostrina della comunità locale. Ma considerare la preparazione e la discussione del dossier un processo, vuole anche dire apprezzare lo sforzo di concettualizzazione e di discussione cittadina, che è reale anche se poi alla fine non si riesce a vincere. Inoltre, il riconoscimento del patrimonio Unesco non consentirebbe solo un aumento nazionale e internazionale della reputazione della collettività della zona del Prosecco, ma anche una maggiore coesione abitativa e una cittadinanza più adulta e più matura nei confronti dei prospettici piani di sviluppo territoriale.
 
 

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