Globalizzazione indietro tutta! Come reagiranno le aziende
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Globalizzazione indietro tutta! Come reagiranno le aziende

LE ISTANZE POPULISTE ESPLOSE DOPO LA CRISI DEL 2008 STANNO SPINGENDO I GOVERNI AD ADOTTARE RIFORME IN CONTRASTO CON L'EVOLUZIONE ISTITUZIONALE CHE AVEVA GARANTITO, INSIEME AI PROGRESSI TECNOLOGICI, L'INTEGRAZIONE E LA LIBERA CIRCOLAZIONE. LE MULTINAZIONALI E IL BUSINESS GLOBALE RIUSCIRANNO AD ADATTARSI AL NUOVO CONTESTO?

di Torben Pedersen, ordinario di International business and management

Negli ultimi tempi c’è gran dibattito su come siano cambiati gli atteggiamenti nei confronti della globalizzazione. E si è già passati dalle parole ai fatti in tema di immigrazione, accordi commerciali e imprese multinazionali. Ancora più importante, abbiamo assistito alla crescita di movimenti populisti che fanno dell’anti-globalizzazione una componente chiave delle loro piattaforme ideologiche. La grande domanda per gli studiosi è come interpretare questi cambiamenti.
Collocare la globalizzazione in un contesto storico di lungo periodo può aiutarci a comprendere i cambiamenti in atto negli atteggiamenti verso di essa. La globalizzazione, o l’aumento dell’interdipendenza e dell’integrazione tra le economie e i paesi, ha due motori principali: i progressi tecnologici e il cambiamento istituzionale.

Il primo fattore, i progressi tecnologici, ha permesso l’interconnessione di paesi lontani e la riduzione dei tempi e dei costi di trasporto di merci, persone, capitali e conoscenze, ovvero una drastica riduzione dei costi delle transazioni. È probabile che i progressi tecnologici continuino, sotto la spinta delle due forze della concorrenza e dei sistemi di credenze. Le imprese, le università e i privati sono incentivati a competere nella ricerca di nuove soluzioni ai problemi attuali e futuri. Raramente si possono fermare i progressi tecnologici, anche se alcuni governi e individui mostrano atteggiamenti luddisti. La tecnologia si diffonde al di là dei confini nazionali e organizzativi attraverso spillover intenzionali e non intenzionali.

Il secondo fattore, il cambiamento istituzionale, sotto forma di riforme a favore del mercato, ha consentito la riduzione e/o l’eliminazione delle barriere e delle regolamentazioni che ostacolano il trasferimento di merci, capitali e idee all’interno e all’esterno dei confini nazionali. Il mondo di oggi affonda le sue radici nei primi anni ‘80, con una forte accelerazione a partire dal 1990. Tra gli eventi salienti vi sono le riforme a favore del mercato nelle economie capitaliste avanzate (che comprendevano la privatizzazione di grandi settori precedentemente di proprietà o sotto il controllo dello stato), la transizione della Cina da economia pianificata a economia di mercato, la caduta del muro di Berlino nel 1989 e il crollo dell’impero sovietico. Tutti questi eventi hanno accelerato il processo di integrazione e interdipendenza globale guidata dal mercato, che ha creato il mondo globalizzato di oggi. La maggior parte dei governi ha ridotto le regolamentazioni, attuato politiche a favore del mercato e liberalizzato le proprie economie, consentendo e accelerando il trasferimento di beni e servizi, capitali e idee e in alcuni casi anche di persone, al di là dei confini nazionali. Le proteste contro questo processo sono iniziate alla fine degli anni ‘90 e sono aumentate negli anni 2000. Tuttavia, l’opposizione alla globalizzazione si è trasformata da fenomeno marginale a fenomeno di massa a partire dalla Grande Recessione del 2008. Le economie più ricche, che in precedenza erano state stridule promotrici delle frontiere aperte, hanno visto una forte opposizione, alimentata dal calo dei salari reali, e persino nominali, dei loro cittadini meno qualificati.

Così, in contrasto con i progressi tecnologici, l’evoluzione istituzionale che ha promosso la globalizzazione ha cominciato a muoversi in senso inverso, con i governi che impongono nuove barriere alla libera circolazione delle merci, dei capitali, delle idee e delle persone. È qui che i governi possono veramente dimostrare il loro potere, in quanto possono invertire rapidamente gli sforzi a lungo termine verso l’interdipendenza globale e l’integrazione in risposta alle convinzioni ideologiche e alle pressioni populiste.
Il problema di oggi è ancora una volta come il business globale sarà influenzato dall’attuale ostilità alla globalizzazione. Le imprese multinazionali saranno costrette a riconfigurare le loro catene globali del valore e forse a rimpatriare alcune attività? Le loro reti globali consentiranno di sfruttare la flessibilità operativa e di evitare alcuni o la maggior parte degli effetti dei cambiamenti politici? La distinzione tra contesto globale e contesto locale è troppo unidimensionale? Tutte domande che rimangono aperte!
 

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