Quando le parole non bastano per capire
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Quando le parole non bastano per capire

RENDERE LE MACCHINE CONSAPEVOLI DI CHI STA PARLANDO: E' QUESTA LA VERA SFIDA CHE LE RENDERA' SEMPRE PIU' UTILI ALL'UOMO

di Dirk Hovy, associato presso il Dipartimento di marketing

In tasca o a casa abbiamo tutti dispositivi con cui possiamo parlare. Ci diranno il tempo o cosa abbiamo in agenda, o trasmetteranno canzoni di Nina Simone per noi. Sembra che ci capiscano, ma in realtà non è così. Queste macchine sono addestrate a rispondere a determinati input, sulla base della loro formazione, ma questo non significa capire. Se chiedessimo «Sono andato a Roma la settimana scorsa, anche la mia testa è andata a Roma?», si bloccherebbero.
La lingua è un’esperienza umana, e chi dice una cosa conta quanto ciò che viene detto. Quando sentiamo la frase «È stato bestiale», fa una grande differenza se è stata pronunciata da un sedicenne o da un ottantaseienne. Esprimiamo chi siamo attraverso il linguaggio.
Usiamo questa conoscenza anche quando parliamo con le persone: entro poche parole, capiamo da dove viene una persona, la sua età, il suo genere e sottigliezze come la personalità o il background educativo.

Ironia della sorte, i computer possono essere addestrati a riconoscere questi indizi, anche meglio degli esseri umani. Siamo molto più prevedibili di quanto si potrebbe pensare, e i computer sanno riconoscere questi modelli. Ormai, esistono programmi per decidere con alta precisione se un testo è stato scritto da un uomo o da una donna, la sua età e una serie di altre caratteristiche. Gli algoritmi sono in grado di localizzare un utente di social media fino a poche decine di chilometri.
Tali strumenti sono un aiuto inestimabile per gli scienziati sociali, per i linguisti che studiano le variazioni linguistiche e per individuare le frodi (è l’utente che dice di essere?). Sono un passo necessario se vogliamo insegnare ai computer la differenza di lingua tra diversi gruppi.
Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli che tali strumenti possono anche essere utilizzati per profilarci quando potremmo non volerlo: le nostre parole possono farci individuare online, che lo vogliamo o no. Finora, tutti questi strumenti sono altamente specializzati, e finora, nessun computer può fare tutte queste cose allo stesso tempo, ma la situazione potrebbe cambiare.
E mentre il modo in cui parliamo dice qualcosa di noi, ciò che diciamo è altrettanto importante del fatto che lo diciamo. Dire a un amico «Mi dispiace per la perdita di tuo padre» è importante non solo per il significato delle parole, ma perché lo diciamo noi. E questo è qualcosa che i computer ancora non riescono a capire.
Essi prestano attenzione solo a ciò che viene detto. Questo non è solo un ostacolo alla comprensione reale che limita l’utilità della tecnologia linguistica. Può anche diventare un problema. Poiché i computer non sono in grado di distinguere tra chi parla, non capiscono tutti allo stesso modo. Di conseguenza, tutti questi strumenti nelle nostre tasche e nelle nostre case funzionano solo per alcuni di noi. Sono l’equivalente di forbici fatte per la mano destra: inefficienti, scomode e potenzialmente pericolose per gli altri.
E man mano che questi strumenti si diffondono, nella vita quotidiana, nell’industria e nei processi decisionali, rischiano di svantaggiare un gruppo sempre più ampio di parlanti «mancini».

Tuttavia, è possibile, e di fatto non troppo difficile, rendere i computer consapevoli di chi sta parlando, e tenerne conto per analizzare ciò che viene detto. Diversi articoli hanno dimostrato che una varietà di tecniche possono aiutare i computer a distinguere chi sta parlando, e quindi migliorare ad analizzare ciò che viene detto.
Ciò è particolarmente importante quando si tratta di intersezione tra linguaggio e personalità. Sappiamo che molte condizioni di salute mentale si riflettono nel modo in cui le persone parlano. Gli psicologi si avvalgono di questa caratteristica quando intervistano i pazienti. Tuttavia, qualsiasi psicologo troverebbe ridicolo ascoltare solo le parole. Tengono conto di chi siede di fronte a loro: uomini e donne, persone di età diverse sono sensibili a condizioni diverse, e ne parleranno in modi diversi.
Siamo stati in grado di dimostrare che un computer che presta attenzione al sesso del paziente ha maggiori possibilità di riconoscere correttamente una varietà di disturbi mentali, identificando 120 pazienti a rischio di suicidio in più rispetto a un computer che presta attenzione solo alle parole. Tale strumento potrebbe essere un valido aiuto per gli psicologi, che non possono essere sempre con i loro pazienti.
Questo è un pensiero incoraggiante, perché significa che, anche se siamo ancora molto lontani, potremmo essere in grado di far capire veramente ai computer chi sta parlando, e non solo quello che viene detto. Ci vorrà del tempo e dell’ingegno, ma potremmo essere molto più vicini a farci capire dai computer.

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