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Se il gioco si fa duro i duri sanno giocare

, di Giuseppe Corvino - professore associato presso il Dipartimento di finanza
Gli shock, anche geopolitici, stanno rivoluzionando le compagnie assicurative. Che pero' hanno continuato a crescere anche modificando il modello di business

C'era una volta il tranquillo mondo delle compagnie di assicurazione. Per chi si occupava di investimenti, un mondo fantastico. Rendimenti minimi da garantire ampiamente inferiori ai tassi risk free di mercato; assenza di rischio di controparte per gli emittenti sovrani; assorbimento di capitale da calcolare attraverso arditi passaggi matematici che prevedevano al massimo delle moltiplicazioni senza prendere in considerazione il profilo di rischio delle attività e delle passività.
Poi, tutto cambiò repentinamente. Una serie di eventi ha trasformato quel mondo rilassato in una sorta di Hunger game: i tassi di interesse risk free sono diventati inferiori ai minimi garantiti; l'investimento in titoli sovrani ha iniziato a comportare l'esposizione al rischio di controparte; l'assorbimento di capitale inizia a essere calcolato attraverso uno dei più sofisticati sistemi di vigilanza prudenziale al mondo, che, anche nella sua versione più semplice, prevede almeno complesse simulazioni stocastiche in ambiente risk neutral su scadenze pluridecennali.
Infine, la tempesta perfetta. A tutto ciò, di recente, si è aggiunta l'instabilità politica: una seria asset allocation strategica di lungo termine non può prescindere dal considerare razionalmente l'impatto che le future elezioni che si terranno nei principali stati membri dell'Unione avranno sul sistema monetario europeo e quindi sui mercati obbligazionari, piuttosto che dal prendere in considerazione le conseguenze che la crescente generalizzata attenzione a politiche protezionistiche avrà sui mercati corporate, azionari e dei cambi.

Un recente sondaggio sulle società di assicurazione globali condotto per conto di BlackRock dall'Economist Intelligent Unit su un campione di 315 compagnie assicurative per un totale di circa 12 mila miliardi di dollari di assets under management e titolato, appunto, In the eye of the storm, ha evidenziato le seguenti tendenze a livello aggregato: ricerca di un ragionevole equilibrio fra propensione al rischio e incertezza geopolitica; necessità di risolvere il dilemma dell'asset allocation tra liquiditaÌ€, obbligazioni e crediti rischiosi; volontà di diversificare nei private market affrontando le difficoltà tipiche di tali mercati; attenzione al rischio normativo derivante dalla nuova implementazione del regime di vigilanza prudenziale Solvency II.

Nonostante tutto questo, però, le compagnie continuano ad operare con ottimi risultati: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.
Il settore è riuscito a cambiare modello di business, politiche commerciali e distributive, sistemi di governance e di controllo, strumenti di information technology e di selezione e gestione del personale, adattandosi repentinamente al nuovo contesto di riferimento.
Vi è però sempre maggiore necessità di competenze di eccellenza in tutte le aree di operatività, sia all'interno del settore stesso, sia all'esterno e quindi nei partner con cui di volta in volta le compagnie stringono rapporti di collaborazione (asset managers, società di consulenza strategica, studi legali, società di information technology, e così via).

Spetta a tutti noi contribuire, direttamente o indirettamente, ad indirizzare competenze di eccellenza verso questo settore, mai così in crescita e così intrigante.