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Per la Cina e' ora di diventare adulta

, di Carlo Filippini - professore emerito
Per 35 anni e' continuata a crescere arrivando ad abolire quasi la poverta'. Adesso e' il momento di pensare alle riforme politiche indispensabili per adeguare la societa' alla nuova situazione di paese sviluppato

Il 2014 è stato un anno positivo o negativo per l'economia cinese? I titoli che ci colpiscono sono contraddittori: «Il prodotto cinese supera quello americano» e «la forte frenata della Cina». Innanzitutto occorre mettere queste notizie in prospettiva: il Pil cinese è ora più grande di quello americano, ma i cinesi sono 1,36 miliardi e gli americani 315 milioni; quindi ogni americano produce e dispone di più del quadruplo di beni e servizi. La Cina è cresciuta solo del 7,4%: un quarto in meno rispetto alla media degli ultimi decenni, ma i paesi dell'area euro sono cresciuti dello 0,8% e gli Usa del 2,4%: una Ferrari in frenata è sempre più veloce di un'utilitaria.
Certamente il 2010, complice la crisi mondiale non ancora superata, ha segnato un punto di svolta per il gigante asiatico: è di fatto finito il periodo del rapido decollo ed è iniziata una fase di assestamento e di ulteriore trasformazione: lo sviluppo implica sempre cambiamento.
Il tasso di crescita medio annuo della Cina dal 1978 al 2013 è stato di circa il 10%; ciò significa che ogni sette anni il Pil raddoppiava. La crescita cinese inizia con la liberalizzazione e deregolamentazione in agricoltura: risultati immediati sono un vero balzo in avanti della produzione dei prodotti alimentari (tutti avranno una ciotola di riso con un po' di maiale) e la creazione di un gruppo sociale ricco, che può spendere. Il continuo trasferimento di persone dalle campagne alle città frena la crescita dei salari e la mantiene al di sotto di quella della produttività. Tecnologia e ambiente sono quasi gratuiti: la prima donata dalle imprese occidentali che non vogliono essere escluse dal miracolo cinese, il secondo è una delle vittime più illustri dello sviluppo. Le autorità di governo sono molto concrete e introducono le riforme con gradualità dopo accurate sperimentazioni in piccole aree; inoltre la burocrazia sostiene la crescita economica e, con i giusti appoggi, si può fare quasi tutto, anche eliminare fisicamente i dipendenti fannulloni, per esempio. Le regole sono poche: di fatto non discutere la supremazia del partito comunista e gli interessi dei politici locali.

Investimenti ed esportazioni trainano l'economia; i prodotti cinesi a basso prezzo invadono il mondo: la quasi totalità dei giocattoli è prodotta in Cina.
Dopo 35 (ricordiamo: sette anni x cinque volte) anni di espansione continua la Cina è un paese a livello di sviluppo medio-alto e ha quasi completamente abolito la povertà. Le strutture e le istituzioni economiche diventano sempre più complesse, la classe media sempre più numerosa e meno disposta ad accettare rigidi controlli socio-politici in cambio di un crescente benessere. Quello che sembrava essere disponibile a prezzo nullo diventa un freno: l'inquinamento minaccia la salute e l'immagine della Cina (quando Pechino ospita summit o le Olimpiadi vengono chiuse le fabbriche all'intorno per quasi 200 km e gli uffici in città); tecnologia, brevetti e marchi sono ora prodotti da imprese domestiche e sono protetti. Anche le inefficienze di molte grandi imprese statali o la corruzione incominciano a pesare; la troppo diseguale distribuzione del reddito genera tensioni; le esportazioni non bastano più, occorre incentivare i consumi privati. La nuova sfida si chiama riforme: adattare le strutture e le regole (economiche ma soprattutto politiche) alla nuova situazione di paese sviluppato: la fanciullezza è finita, si entra nell'età adulta. Il compito è complesso e difficile ma le autorità cinesi hanno spesso dimostrato in passato di saper trovare una soluzione.