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Elettricita' da vendere

, di Antonio Sileo e Niccolo' Cusumano - rispettivamente research fellow dello Iefe Bocconi e docente di economia e management delle amministrazioni pubbliche
In Italia l'offerta supera la domanda e le rinnovabili stanno spiazzando la produzione da combustibili

A ristagnare non è soltanto il pil italiano, anche la domanda elettrica langue. Rispetto ai primi tre trimestri del 2007, il 2014 ha segnato una contrazione dell'8,7%. Ma non tutti i settori di produzione (classificati per fonti energetiche) hanno vissuto la stessa crisi. Se la produzione da rinnovabili è cresciuta del 69% le fonti tradizionali termoelettriche (gas, carbone, olio combustibile) hanno registrato un calo del 38%. Le rinnovabili, godendo di accesso prioritario alla rete e avendo un costo marginale nullo, "spiazzano" gli impianti tradizionali.
La crisi, però, ha radici che affondano nel passato. L'attività di generazione, sin dalla direttiva 96/92/Ce che ha avviato la liberalizzazione, è stata giudicata il segmento principe in cui sviluppare la concorrenza, tanto da spingere l'Italia a far dimagrire forzosamente (D.lgs. 79/99) il proprio campione nazionale (Enel).
È poi intervenuta una crescita dei consumi di energia elettrica così notevole e repentina da rendere necessari interventi emergenziali – anche uno specifico decreto legge "sblocca centrali" – che peraltro non fecero in tempo a scongiurare la crisi in cui entrò il sistema elettrico italiano.
Quel torrido 26 giugno 2003, la richiesta massima di potenza raggiunse quota 53.200 Mw, un livello alto ma non inatteso, a causa della rapida diffusione dei condizionatori nelle abitazioni. Per una serie di concause, a fronte di 76.950 Mw di potenza installata, la disponibilità offerta dal parco elettrico nazionale era di soli 48.950 Mw e l'import non fu sufficiente a colmare il gap. Diverse porzioni di rete dovettero essere distaccate e un parziale blackout coinvolse circa sei milioni di persone.
Da allora è partita una grande corsa di investimenti massicci in potenza installata, che in meno di 10 anni è cresciuta di 19.600 Mw, costituti soprattutto da nuove centrali a ciclo combinato alimentate a gas naturale. Il problema è che 5.600 di questi Mw sono entrati in funzione tra il 2007 e il 2012, a cui si sono aggiunte le installazioni rinnovabili.
Nel 2008 eolico e fotovoltaico contribuivano solo per 3.970 Mw ma in pochi anni gli impianti di produzione diffusa sono decuplicati: il solo Conto Energia ha portato tra il 2006 e il maggio 2013 all'installazione di oltre 18.000 Mw di fotovoltaico, con una produzione in continua crescita. Oltre alle rinnovabili bisognerà tenere conto in futuro degli effetti delle politiche di efficienza e risparmio energetico. La conseguenza di questa vera e propria bolla energetica è stata un forte eccesso di capacità produttiva (spesso finanziata con debito bancario). Problema che solo oggi si comincia ad affrontare e che ha spinto l'a.d. di Enel a dichiarare in un'audizione al Parlamento che a rischio chiusura ci sono 11.000 dei 23.000 Mw di impianti di proprietà dell'azienda: 23 centrali per un totale di 700 addetti, che saranno ricollocati o accompagnati alla pensione. Siamo, dunque, di fronte a un'equazione di cui non si conosce ancora la soluzione.
Però, si può sempre ricordare che sarebbe potuta andare anche peggio. Per esempio con il nucleare voluto da Scajola.