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Perche' non fa paura il nuovo redditometro

, di Angelo Contrino - professore associato di Diritto tributario
Con il contraddittorio procedimentale si puo' prevenire l'accertamento e gli automatismi sono stati eliminati

Ormai il Fisco, attraverso i dati presenti nell'Anagrafe tributaria (il "grande fratello" fiscale), è in grado di individuare con certezza o stimare con un ragionevole grado di approssimazione tutti i consumi, gli investimenti e i risparmi dei contribuenti. E poiché è a conoscenza, attraverso la dichiarazione fiscale, dei redditi prodotti, è anche in grado di verificare per ogni contribuente la "congruità" di tali redditi con il complesso delle spese effettuate, facendo scattare, in caso di scostamenti superiori al 20%, le verifiche e l'eventuale, successivo accertamento.
Il redditometro è tutto qui. Niente altro. Esiste perché l'evasione fiscale non si può combattere, per l'evidente sproporzione tra contribuenti e funzionari che si occupano di accertamenti fiscali, attraverso controlli analitici e accertamenti puntuali dei redditi da ciascuno posseduti. E ha alla base una regola di buon senso, una massima di "comune esperienza", per cui, in principio, una persona non può spendere, a qualsiasi titolo, più di quanto guadagna e dichiara al Fisco, salvo dimostrare l'esistenza di fonti di finanziamento diverse dai redditi tassabili.
In tempi recenti molti quotidiani hanno diffuso la notizia dell'invio di quasi 100.000 lettere e richieste, da parte dell'Agenzia delle Entrate, con cui si chiedono a vario titolo chiarimenti – soprattutto, ma non solo, ai soggetti "selezionati" perché superano la citata soglia di tolleranza fiscale – sulle spese effettuate in rapporto ai redditi dichiarati negli anni scorsi. E più di un commentatore ha denunciato che il redditometro avrebbe indotto molti contribuenti a "disfarsi" di beni di lusso (auto di grossa cilindrata, barche ecc.) e, comunque, a ridurre significativamente le spese per timore di subire controlli e accertamenti del tipo in esame.
Si deve realmente avere paura del redditometro? La risposta è no, per il "nuovo" redditometro oggi applicabile.
A differenza del "vecchio", che, per effetto di una struttura perversa basata su moltiplicatori delle voci di spesa, conduceva "direttamente" ad accertamenti di reddito "abnormi" in presenza anche solo di una vecchia auto 2.500 cc di cilindrata o di un mutuo da pagare, il "nuovo" redditometro è uno strumento di accertamento più equilibrato sul piano sia procedimentale sia sostanziale. Sotto il primo profilo, è adesso garantito al contribuente il "diritto" di confrontarsi con l'Ufficio e di giustificare l'incongruenza riscontrata prima dell'emanazione dell'accertamento (c.d. contradditorio procedimentale), dimostrando le eventuali fonti di finanziamento irrilevanti ai fini dell'imposizione reddituale ordinaria (come, ad esempio, somme provenienti da un'eredità o una donazione, da disinvestimenti o mutui, da risarcimenti patrimoniali, da redditi finanziari già tassati alla fonte o redditi esenti da imposizione ecc.). Sotto il secondo profilo, grazie anche all'intervento del Garante della privacy che ha portato all'espunzione di tutte le spese di consumo imputabili mediante il riferimento alle "spese medie-Istat", la presunzione su cui si fonda il nuovo redditometro è tendenzialmente ridotta all'equazione "spese patrimoniali e correnti effettive + risparmi = reddito complessivo", senza alcuna moltiplicazione degli importi.
Nessuna paura, dunque, per i contribuenti onesti che attingono le risorse finanziarie per spendere dai redditi prodotti e dichiarati al Fisco. La paura dev'essere propria dei soli contribuenti infedeli, che non dichiarano in tutto o in parte i redditi prodotti; ancora di più se si considera che il nuovo redditometro tiene conto anche dei risparmi (i saldi dei depositi e dei conti correnti) e, dunque, la strategia di non spendere per evitare gli accertamenti non paga, a meno di tenere le somme non dichiarate dentro il materasso!