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Ne' sfruttati, ne' bamboccioni

, di Silvia Introzzi
Tutti i paradossi della questione generazionale in Italia: formazione, lavoro, welfare e gender gap nell'era dei Millenials

In un contesto mondiale in cui tutto sembra volgere a favore dei giovani, l'avanzamento tecnologico, la predisposizione alla flessibilità, la sfida delle nuove competenze per un'industria 4.0, l'Italia si configura come un'anomalia, al momento e da almeno quarant'anni, non è un paese per giovani. Le scelte politiche compiute in diversi campi, dall'istruzione alle riforme del lavoro, dalle politiche per diminuire il gender gap al welfare, non hanno favorito la stabilizzazione dei giovani italiani nel mercato, anzi hanno aumentato la distanza tra scuola e lavoro, accrescendo a tal punto la sfiducia nei confronti della formazione da dar vita al triste fenomeno dei neet.

I dati del 2017 parlano chiaro: l'Italia ha una disoccupazione giovanile pari al 37,8% nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni contro il 13% della media OCSE. Le cose peggiorano ulteriormente se si guardano i dati tra i 25 e il 29 anni per i quali la disoccupazione di aggira intorno al 54%. Inoltre solo il 18% della popolazione italiana ha una laurea: una percentuale esigua, e tuttavia troppo alta per un Paese che non è disposto a investire sul capitale umano. Crescono i numeri dei laureati demensionati e sottopagati rispetto ai loro colleghi europei. Le aziende lamentano un problema di skills mismatch, abilità non adeguate all'offerta di lavoro, che rivela il disallineamento tra offerta del mercato e offerta formativa. Dunque tra il 2005 e il 2015 il tasso di passaggio tra le scuole superiori e le università è calato di 24 punti percentuali passando dal 73 al 49%.

Le uniche notizie parzialmente positive giungono dai dati relativi alle donne e alle start up. Le prime percepiscono un salario di poco inferiore agli uomini e sono la fascia della popolazione più istruita del Paese, purtroppo però sono ancora largamente disoccupate o inquadrate con part-time involontari. L'incapacità di puntare su queste risorse qualificate e di appianare la questione di genere costa all'Italia circa 6 punti percentuali del Pil: risolvere il gender gap potrebbe essere la chiave per risolvere la questione generazionale.

Il saggio di Francesco Cancellato Nè Sfruttati, né bamboccioni (Egea 2018; 144 pagg.; 16 euro; 8,99 epub), con la prefazione ti Tommaso Nannicini, invita ad assumere il carattere olistico della questione generazionale che è il centro nevralgico attorno al quale si addensano molti, se non tutti, i problemi italiani. Risolverla è un imperativo categorico e morale pena il tracollo dell'intero welfare e il serio rischio che le generazioni a venire vivano, per la prima volta, una vita peggiore di quella dei loro padri.

Francesco Cancellato, è direttore del quotidiano online Linkiesta.it e opinionista in numerose trasmissioni televisive e radiofoniche. Per Egea – UBE è autore di Fattore G: perché i tedeschi hanno ragione (2016).

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