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Didattica

In aula con il venture capitalist

, di Davide Ripamonti
Esaminare veri progetti, con budget reali e importanti, la nuova esperienza didattica per gli studenti dell'Emit

Metti un venture capitalist in classe. E, con lui, 19 progetti reali su cui investire. Una bella responsabilità per gli studenti del corso "Venture capital and valuation", nell'ambito del corso di laurea magistrale in Economics and Management of Innovation and Technology, chiamati ad analizzare tali progetti e a fornire all'investitore gli strumenti per decidere su quali di essi dirottare le proprie risorse. Il venture capitalist, tra l'altro, è un particolare tipo di investitore. Non ti dà solo i soldi e poi vuole vederseli restituire a un interesse e in un lasso di tempo stabiliti, come un istituto bancario, al contrario elargisce solo una parte dell'investimento e il resto più avanti al raggiungimento di determinati obiettivi. E', come spiega Laura Bottazzi, responsabile con Emanuele Teti del corso, "un investitore attivo, che entra nell'azienda non solo con i suoi soldi ma anche con il suo know how". E che, quando le cose vanno male, può arrivare anche a prendere il controllo del board dell'azienda stessa. "Proprio per questo il rapporto contrattuale investitore-imprenditore è in questo caso molto delicato".

Suddivisi in 19 gruppi di 6 elementi ciascuno, gli studenti hanno affrontato i vari casi (ogni gruppo un caso diverso) sottoposti loro dal venture capitalist. "I ragazzi hanno dovuto esaminare i progetti, stabilire se fossero competitivi, la bontà dei prodotti, come avvicinare il consumatore ai prodotti stessi e altre variabili. Il tutto online e con il supporto di un consulente", dice Bottazzi. E non senza qualche difficoltà. "Hanno dovuto applicare più di quanto hanno studiato in aula", continua la docente, "in particolare è estremamente delicata la parte contrattuale, proprio per le implicazioni che comporta sia per l'investitore che per l'imprenditore. In generale gli studenti non sono pronti per misurarsi con casi reali, ma la parte di apprendimento sul campo che un metodo come questo comporta è fondamentale". Un'esperienza che gli studenti hanno molto apprezzato, come spiega Gaia Donini, 22 anni, di Bologna: "Mi ha aperto le porte di un mondo che non conoscevo, potersi confrontare con start up innovative, nel caso del mio gruppo con una impegnata nel campo sanitario, è stata un'esperienza molto stimolante.

Un'esperienza didattica utili e che vorrei ripetere". La pensa allo stesso modo anche Andrea Codovini, umbro di Umbertide, 22 anni: "Il fondo rappresentato dalla venture capitalist che abbiamo conosciuto investe nel settore biomedicale, di per sé molto tecnologico e innovativo, e con il valore aggiunto di un alto valore emotivo. Si ha cioè la sensazione di aiutare concretamente chi fa qualcosa di veramente importante. Ma il valore di questa nuova modalità didattica è soprattutto nella possibilità che ci è offerta di confrontarci con cose vere, di dare una connotazione pratica a quello che abbiamo studiato".