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Ambrosoli, Baffi e il rispetto delle regole

, di Andrea Celauro
Il valore morale delle due figure in un convegno organizzato dal Centro “Paolo Baffi”. E una riflessione sulla regolamentazione in tempo di crisi

Due figure, quelle di Giorgio Ambrosoli e Paolo Baffi, che si sono caratterizzate per "la fedeltà nell'impegno a servire il bene comune" e due "servitori dello stato entrati nella storia del paese per il prezzo pagato per la fedeltà ai principi e alle regole". Le parole di Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi hanno aperto, oggi in Bocconi, il convegno "Crisi finanziaria e abusi di mercato: quali regole?", organizzato in onore di Ambrosoli e Baffi dal Centro di ricerca sulle banche centrali e sulla regolamentazione finanziaria della Bocconi. Convegno che si è incentrato sulla lezione che oggi, in tempo di crisi, è possibile ricavare dall'impegno dell'uno nel disegnare le regole e dell'altro nell'onorarle.

"Due figure", ha aggiunto il presidente della Bocconi, Mario Monti, "che si prestano a essere ricordate nella doppia chiave storica e morale e due personaggi che con rigore e sacrificio hanno interpretato il ruolo dell'enforcement delle regole".Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, ha ricordato i fatti che portarono all'uccisione nel '79 "per incarico di Sindona" del liquidatore della Banca privata italiana, Giorgio Ambrosoli, e il "torbido attacco" che subì Paolo Baffi, in qualità di governatore della Banca d'Italia, incriminato nello stesso anno nel corso di un'inchiesta sul mancato esercizio della vigilanza sugli istituti di credito, sottolineando come quella di Ambrosoli e Baffi sia stata una battaglia per "accrescere la misura civile della società". Ma la lezione da apprendere dall'operato dell'avvocato Ambrosoli e dell'economista Baffi è anche "che non basta procedere sulla strada di nuove regole, poiché queste, da sole, non bastano a far nascere un sistema più giusto", ha aggiunto Bazoli. "Serve invece la coscienza dei singoli, perché il problema è la mancanza di senso di appartenenza allo stato dei cittadini, che mina il principio di legalità". Un problema di etica, ha spiegato il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, per il quale "è inutile parlare di nuove regole quando non siamo in grado di rispettare quelle che abbiamo". "Mi piacerebbe", ha aggiunto de Bortoli parlando poi della business community, "che i cavalieri del lavoro facessero qualche riflessione e prendessero coraggio per escludere qualcuno al proprio interno. Altrimenti non stupiamoci se chi segue le regole sia isolato e nuoti controcorrente". Nell'esigenza di enforcement delle regole, comunque, "occorre il ruolo della mano pubblica, della politica nel senso alto del termine", ha detto Piergaetano Marchetti, prorettore della Bocconi. "Oggi il tempo della concorrenza tra ordinamenti è finito. Il diritto globale è formato da regole che richiedono l'appoggio dello stato". E se Marco Onado, professore a contratto senior della Bocconi, nel suo ricordo dei fatti di quegli anni e delle vicende di Ambrosoli e Baffi ha sottolineato come il mutamento verso il cambio delle regole sia cominciato proprio allora, Mario Sarcinelli, presidente Dexia Crediop, che visse l'esperienza dell'arresto nella vicenda che coinvolse Baffi e che con lui fu totalmente prosciolto dalle accuse si domanda, per contro, "se la gravità della crisi di oggi insegnerà ai governi a operare con forme di cooperazione più forti".